Per le casse rurali trentine le fusioni non sono certo una novità. Negli anni Novanta c’erano più di 120 casse, oggi sono 41
Per le casse rurali trentine le fusioni non sono certo una novità. Negli anni Novanta c’erano più di centoventi casse, oggi sono 41, e si dice che in futuro potrebbero ridursi a tredici, o giù di lì.
Lo scopo di una fusione è creare sinergie fra due o più imprese per migliorarne la qualità, sotto vari profili. Qualche esempio: migliore impiego del personale o degli spazi; aumento della forza contrattuale; promozioni più incisive; sfruttamento di conoscenze; maggiori possibilità di innovazione; riduzione dei costi; compensazione di squilibri patrimoniali.
Benché ogni caso faccia storia a sé, anche le fusioni delle casse rurali sono spesso motivate dal recupero di redditività e dal rafforzamento del patrimonio, per mettere in sicurezza il ruolo del credito cooperativo.
Pure nel recente progetto di fusione fra Trento e Aldeno-Cadine si prevede un incremento delle masse intermediate e dei mezzi propri, con l’indice di solidità total capital ratio della nuova cassa rurale di Trento al 14% (minimo richiesto 10,5%).
Perché allora tante resistenze?
1. Un primo aspetto critico riguarda la crescita dimensionale come fattore di competitività. Le opinioni divergono non tanto sul principio, quanto sul modo, cioè sull’opportunità di crescere per via interna (fusioni) piuttosto che per via esterna, mettendosi in rete con altri soggetti (holding, consorzi, contratti di rete). Anche il credito cooperativo è una rete, con robusti ancoraggi (Federazione, Cassa Centrale, Phoenix) e tale sarà, stando alle voci, il nascente gruppo nazionale cooperativo, in cui le singole banche territoriali avranno autonomia in proporzione alla propria solidità. Se in questa rete siano preferibili poche grosse casse rurali o molte più piccole è un tema aperto (non risulta definita la dimensione minima di una cassa rurale), da affrontare sotto la regia del movimento, per contemperare solidarietà ed efficienza. Sorprende invece il dubbio che le fusioni creino situazioni di monopolio del credito cooperativo a svantaggio dei clienti: non basta la concorrenza delle altre banche?
2. Solitamente nella fusione fra casse rurali una incorpora l’altra, che cessa di esistere come entità autonoma. La perdita della «propria» banca da parte di uno dei territori, nonostante la permanenza delle strutture organizzative e i patti di governance, fa scattare ansie di vario genere (partecipazione, snaturamento della banca, posti di lavoro, restrizioni creditizie) comunque riconducibili ai pertinenti livelli di confronto sociale. Questo povero «territorio» è purtroppo tirato in ballo anche a sproposito, ad esempio per giustificare servizi sotto costo o prassi di credito «facile»: se c’è questo rischio, meglio un po’ di territorialità in meno… specie di questi tempi.
3. I vantaggi economici di una fusione non sono tutti uguali: più efficace sarebbe la crescita dei ricavi, che purtroppo è meno certa e governabile del taglio dei costi, i quali possono riguardare voci socialmente sensibili, come personale e filiali. Ma in prospettiva il problema cruciale del sistema bancario è proprio la riqualificazione dei ricavi e l’aumento dei margini. Anche a questo le fusioni possono servire, purché – si suggerisce nell’ambiente – nascano da un piano industriale. Tradotto: il progetto di fusione non sia semplicemente la somma di due banche meno qualcosa, ma punti alla creazione di una nuova banca, aperta a strategie innovative coerenti con la mission (tipo di clientela, raccolta indiretta, gamma dei servizi). Facile a dirsi, meno a farsi, ma il tempo che stiamo vivendo è ostile ai modelli conservativi. Specie in banca.
4. Infine, come in ogni progetto, contano le persone, le loro aspettative, passioni, illusioni. Quello che Jovanotti chiamerebbe l’elemento umano nella macchina può determinare il successo o il fallimento di un modello. Niente di meglio, perciò, che concludere con le parole dell’estroso cantante: «Noi siamo l'elemento umano nella macchina. E ci facciamo del male per abitudine». Specie nelle fusioni.
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