Crimini orrendi

Se esiste una gerarchia di disvalore nei crimini (orrendi per loro natura), il fondo spetta a quelli praticati da chi, per giuramento e per missione, dovrebbe essere strumento di salute e di vita. Non già di orribile applicazione della scienza e della coscienza per mutilare e praticare sevizie prima che la morte sopravvenga come una liberazione.

Nei giorni della memoria, imposta per legge (20 luglio 2000, n. 211) a una comunità di smemorati quali siamo, va in scena in varie borgate del Trentino un testo di Renzo Fracalossi, affermato autore di teatro civile. Nella biblioteca comunale di Cembra la sera di martedì 26 gennaio; nell’auditorium dell’Azienda Sanitaria a Trento la sera di mercoledì 27 gennaio, gli attori del Club Armonia hanno proposto “Vite indegne”. Una “Spoon River” della ripugnanza nella quale scorrono, come i capitoli di un film dell’orrore, le sequenze inimmaginabili delle sevizie praticate dai luminari della scienza medica del Terzo Reich. Uomini e donne votati al servizio dell’ideologia e della proclamata ricerca della purezza della razza. Ariana, come ovvio.

Le “vite indegne di essere vissute” non sono quelle dei poveri cristi usati come cavie, bensì quelle di uomini e donne formati alla scuola della scienza medica, che hanno proditoriamente tradito quella scienza; hanno fatto letame della coscienza e si sono macchiati dei crimini atroci che hanno continuato anche dopo il 1945 a straziare le comunità minoritarie.

La notte della ragione, lo sfregio dell’umanità, durato 12 anni, comincia nel 1933 nella Germania nazista con il via a un vasto programma di sterilizzazione di massa nei confronti di chi è portatore di malattie ritenute di origine genetica. Il “Tribunale per la sanità ereditaria” dispone la sterilizzazione forzata di 350 mila individui. Ma l’abominio prosegue con la supervisione e l’impegno attivo e prolungato dei medici nazisti i quali hanno tranquillamente sostituito il giuramento di Ippocrate con la formula di fedeltà al Fürer.

I proclami gridati, i latrati dei cani, le musiche al pianoforte di Federico Scarfì, le divise naziste, rimandano ai pronipoti di quella sciagurata stagione, immagini di orrore, nomi di lager, cognomi di medici, sequenze di esperimenti su cavie umane, sterminati paesaggi di morte.

Il testo scritto da Renzo Fracalossi (il quale è anche attore e regista della pièce) è un atto unico che tiene il pubblico inchiodato alla sedia, col fiato sospeso e il gelo nelle ossa, perché ogni parola è una scorticata di carta da vetro sulla pelle dell’anima.

Perfino l’applauso finale, immenso quanto liberatorio, fatica a prendere forma.

Vedere per credere: il 28 gennaio a Cles (Biblioteca comunale), il 29 gennaio a Pergine Valsugana (Teatro delle Garberie), il 1° febbraio a Tione (Sala municipale), il 2 febbraio a Mezzolombardo (Teatro San Pietro) ed infine venerdi 5 a Mezzano di Primiero (Centro civico). Inizio alle 20.30 con ingresso libero.

L’atto unico, che vede in scena Mariano Degasperi (Ippocrate), Anita Calliari (la Natura), Claudia Furlani (la Storia), Barbara Gazzoli, Sara Ghirardi e Patrizia Dallago (le Rappresentanti del Servizio femminile SS) e Renzo Fracalossi (un ufficiale delle SS), si avvale della collaborazione tecnica di Gianni Dorigatti.

Nel tempo delle amnesie collettive, queste “vite indegne” sono uno schiaffo all’apatia, un pugno al disinteresse, una medicina contro l’Alzheimer della coscienza. Già, un medico, tedesco pure, vissuto tra il 1864 e il 1915, il quale studiò la demenza senile e la scomparsa della memoria. Anche quella che una legge dello Stato italiano, per nostra fortuna, ci impone. Almeno una volta l’anno.

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