“La letteratura è il modo più naturale e anche più popolare per parlare della realtà evitando slogan e preconcetti”
Bolzano – Narrare l’Alto Adige: un volume nel quale Toni Colleselli, per l’editrice AlphaBeta, raccoglie “25 anni di racconti attorno alla provincia meno italiana d’Italia”. Ne abbiamo parlato con l’autore.
Da quale stimolo nasce l’idea di un’antologia altoatesina?
“Negli ultimi anni erano usciti in Italia parecchi libri che raccontavano la storia (o aspetti della storia) dell’Alto Adige oppure ambientavano le loro storie in Alto Adige. Si pensi solo al successo del libro di Francesca Melandri o ai libri di scrittori altoatesini pubblicati da AlphaBeta. Questo fenomeno ci ha incuriositi e abbiamo cercato di seguirlo e analizzarlo con un po’ più di rigore. A quel punto ci siamo accorti che, pur non essendo un fenomeno di massa, aveva raggiunto però dimensioni significative. Anche l’antologia – frutto di questo lavoro – testimonia il fatto che più ci avviciniamo all’oggi, maggiore è la produzione letteraria che riguarda l’Alto Adige. Il fenomeno si inserisce ovviamente in quello più generale di una rinascita della letteratura ragionale, ma per l’Alto Adige – soprattutto in lingua italiana – ci sembra particolarmente significativo”.
Come mai gli ultimi 25 anni? Il 1990 è un anno di particolare cesura?
“In realtà si sarebbe dovuti partire un anno prima, nel 1989, con la prima edizione italiana di Bel paese brutta gente (traduzione di Schöne Welt, böse Leut) di Claus Gatterer, ma ci sembrava interessante capire anche cosa successe proprio dopo la pubblicazione di questo libro fondamentale, che consideriamo un po’ il punto di partenza, soprattutto per gran parte della letteratura locale. 25 era poi era anche semplicemente una cifra tonda. Quello che ci interessava però era soprattutto il contemporaneo. Volevamo testimoniare l’oggi, non il passato”.
Quali sono i temi della narrazione dell’Alto Adige che emergono dall’antologia?
“La grande sorpresa dell’antologia è proprio il fatto che i temi sono tanto diversi quanto diversi possono essere i generi letterari. Si passa del grande affresco o dall’episodio storico (es. Eva dorme, Eredità, Il maestro di Cordés, Acquabianca, Il segno del ritorno) al romanzo intimista (es. Animo leggero, Il silenzio, Bianco e nero), dal giallo gotico (es. Regina nera) a quello ‘pulp’ (es. L’amaro caso di Ray Mazzarino, Nera neve) e a quello tradizionale (es. Similaun e Juanita). Anche l’immagine dell’Alto Adige va da quella per così dire ‘realistica’ (es. biografie e autobiografie) a quella di ambientazione arcaica (es. Il silenzio di Cleaver), da quella quasi giornalistica (es. Südtirol Italia, Quitaly) a quella del travaglio identitario (es. Ai margini della ferita, La strana distanza dei nostri abbracci). In generale si può dire che le particolarità dell’Alto Adige (storiche, politiche, sociali, ambientali) entrano in qualche modo a far parte della ‘normalità’ della narrazione e della vita”.
Che ruolo ha la letteratura nello sviluppo di una terra complessa come l’Alto Adige?
Per ora, credo, ancora troppo marginale. La letteratura, la narrazione moderna, è il modo più naturale e anche più popolare per parlare della realtà evitando slogan e preconcetti. Questo compito la letteratura comincia a svolgerlo appunto in questi ultimi anni. L’antologia ne è l’espressione e la testimonianza”.
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