Nella “cittadella” in via Segantini stand, spettacoli, dibattiti. “Il distretto cooperativo ha fatto crescere il Trentino, nonostante la crisi”
Per tre giorni via Segantini, a Trento, liberata dal traffico (con qualche malumore), si è trasformata in una “cittadella della cooperazione”. Ad animarla nel fine settimana dal 20 al 22 novembre momenti culturali, stand, gastronomia, spettacoli. La festa per i 120 anni della Cooperazione trentina voleva essere un’occasione per presentare le eccellenze e la ricchezza delle tante e diverse realtà del “distretto cooperativo” trentino, dai grandi marchi noti al mondo come le mele, i vini e i formaggi, ma anche le piccole produzioni di nicchia, così come il lavoro delle cooperative sociali e di servizio, con l’area dedicata all’Ict e quella del Consorzio Lavoro Ambiente. E così è stato. Ma è riuscita anche ad essere un momento prezioso per discutere delle sfide che impegnano una realtà alla quale aderiscono 538 imprese, oltre 280 mila soci, che fattura 2,4 miliardi di euro e garantisce occupazione a 20.500 persone.
Le cooperative trentine hanno affrontato la crisi economica con margini e ricavi ridotti e sofferenze in crescita, ma con la soddisfazione di aver salvaguardato i posti di lavoro, che anzi sono aumentati (2.500 i nuovi posti, mentre in Italia, dal 2008 al 2014, si contavano 1 milione di posti di lavoro persi). Confortato dai dati del terzo Rapporto di Euricse sulla cooperazione in Italia, lo ha sottolineato il presidente della Federazione della Cooperazione trentina, Giorgio Fracalossi (“Attraverso il lavoro delle cooperative, il Trentino è cresciuto e non solo economicamente”), lo hanno riconosciuto il Presidente della Provincia, Ugo Rossi (“Diciamo grazie alla cooperazione per quello che ha saputo costruire valorizzando il nostro territorio”) e il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta (“Senza la cooperazione il Trentino sarebbe sicuramente più povero”). La duplice sfida, è stato osservato, è ora quella di riparare i danni della crisi limitando le ricadute negative sui soci e sulla popolazione e quella di capire come adattarsi al mutato contesto, se occorre anche attraverso una riorganizzazione e un ripensamento degli strumenti fin qui usati.
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