La vittoria del Sultano

Parlano don Domenico Bertogli, parroco di Antiochia; il vicario apostolico di Istanbul, monsignor Louis Pelâtre; il padre domenicano Alberto D'Ambrosio

Dopo il passaggio a vuoto nelle elezioni dello scorso giugno, quando perse la maggioranza assoluta, Recep Tayyip Erdogan il primo novembre si è ripreso la Turchia che guidava da oltre un decennio. Con il 49,4% dei voti e 316 seggi (su 550), il presidente turco riporta il suo partito Akp al successo sfondando nell’elettorato nazionalista. Con un’affluenza alle urne che ha sfiorato il 90% e oltre 23 milioni di voti raccolti, l’Akp supera il record del 2011 senza però raggiungere la soglia necessaria (330 seggi) per promuovere il referendum per dare alla Costituzione l’impronta presidenzialista che Erdogan ha sempre sognato. Tuttavia gli sono sufficienti per governare da solo, senza bisogno di alleati ingombranti.

A spingere i turchi di nuovo nelle braccia di Erdogan, la paura di cadere nel caos e nell’instabilità interna, secondo don Domenico Bertogli, parroco di Antiochia, in Turchia dal 1966. “Il popolo turco con Erdogan ha scelto la governabilità”. A reggere l’urto dell’Akp è stato il partito filo-curdo Hdp che, come a giugno scorso, è riuscito ad entrare in Parlamento con 59 seggi superando la soglia di sbarramento del 10%. Crollato il nazionalista Mhp (41 seggi), il secondo partito turco è il laico e socialdemocratico Chp che va all’opposizione con il 25,4% e due seggi guadagnati (134). Il missionario cappuccino, parlando “a titolo personale”, riconosce a Erdogan il merito di aver “dato alle minoranze del Paese, come quella cristiana, il giusto rispetto cominciando a restituire, in alcuni casi, i beni espropriati nel tempo dallo Stato”. “Ora bisogna ridare fiducia al popolo turco”, aggiunge padre Bertogli. La Turchia che si è recata alle urne è ancora scossa dalla strage terroristica di Ankara di meno di un mese fa e preoccupata dalla possibilità di contagio dei conflitti siriano e iracheno alle sue porte. Da Istanbul, dove è vicario apostolico, monsignor Louis Pelâtre, rimarca “la grande affluenza alle urne segno evidente della voglia di stabilità del popolo. Ad oggi non vi erano alternative. Tante sono le sfide che attendono il Paese, e tra queste quella dei migranti che hanno letteralmente invaso la Turchia”. “La piccola Chiesa cattolica turca – dice il vicario – continuerà a fare la sua parte. Daremo come sempre il nostro contributo alla crescita del Paese”. Qualche perplessità sulla capacità dell’Akp di garantire una pace interna al Paese viene espressa dal padre domenicano Alberto D’Ambrosio, per undici anni in Turchia ed esperto di islam turco. A Radio Vaticana, il religioso ricorda che “rispetto a più di dieci anni fa, quando il partito Akp ha preso il potere, la situazione geopolitica è notevolmente cambiata. E’ un voto da cui si prevede più stabilità, ma meno apertura democratica”. (Sir)

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