Il grande progetto sul fiume infiamma le amministrazioni comunali della destra Adige lagarina
“Green Energy Vallagarina”! Non è un evento che mira alla difesa del verde e alla salvaguardia del Creato come vorrebbe Papa Francesco che nella sua ultima enciclica stimola i governanti della terra a dedicarsi di più e meglio a tutelare questo patrimonio di rara “bellezza”. È il nome del grande progetto delle dighe sul fiume Adige che sta impegnando le amministrazioni comunali e allarmando le popolazioni che vivono lungo il corso del grande fiume nel tratto che va da sud di Trento fino a Rovereto.
Si tratta di un'opera che sta facendo discutere la Valle e che già negli anni passati ha diviso amministrazioni comunali e cittadini unitamente a chi, sia pur con prudenza e circospezione, ha detto “si” e chi lo contrasta, talora con toni accesi. Sta di fatto che tutti gli otto Comuni interessati, Aldeno, Nomi, Pomarolo, Villa Lagarina, Nogaredo, Volano, Besenello e Calliano si sono espressi con voto unanime dei rispettivi consigli comunali nettamente contrari. A questi si è aggiunta nei giorni scorsi anche la voce preoccupata dei rappresentanti del Comune di Rovereto.
Il progetto presentato da Acquafil e Sws Engineering ha ricevuto il lasciapassare della Giunta provinciale ancora tre anni fa e, dopo un periodo di “riposo” nei cassetti del Palazzo, è ritornato alla ribalta con la richiesta del VIA. Non certo il via ai lavori, ma al deposito dello stesso presso i Comuni interessati e soprattutto all’esame del comitato di valutazione dell’impatto ambientale.
Il “Green Energy Vallagarina” per lo sfruttamento a scopi idroelettrici era stato presentato alla provincia di Trento da Dolomiti Energia e da SWS Engineering Spa che successivamente ha trasferito la richiesta alla Acquafil Power Spa. Dal momento che le due società iniziali avevano richiesto la sospensione del iter di concessione, nel 2012, Acquafil ne ha chiesto alla Provincia la riattivazione, modificando parzialmente il progetto.
Esso consiste nella costruzione di una traversa sul fiume da realizzarsi poco a monte del cavalcavia autostradale di Pomarolo in Destra Adige e dell’abitato di Volano in sinistra Adige. Avrà cinque luci e sarà alta cinque metri con quattro pilastri alti 1,5 metri, tutti sommersi nell’acqua. Sul lato di Pomarolo è previsto un canale di derivazione interrato, mentre dalla parte di Volano un canale aperto permetterà il passaggio della fauna ittica. Lungo circa 200 metri correrebbe lungo l’area prativa a fianco della pista ciclabile. La centrale elettrica contenete le turbine e opere idrauliche, sarà realizzata sulla sponda di Pomarolo e sarà completamente interrata.
La diga così realizzata alzerebbe il livello dell’acqua dell’Adige di tre metri. Il costo dell’opera sfiorerà i 20 milioni di euro. Una volta ammortizzata l’opera frutterà alla ditta che la gestirà quasi 2 milioni di euro l’anno derivanti dalla vendita dell’energia prodotta. Ai Comuni rivieraschi sarà corrisposto un indennizzo di poco superiore al mezzo milione di euro.
La settimana scorsa il comitato del VIA, insieme ad APPA e Servizio Bacini montani che avevano già espresso grosse perplessità sulle ricadute negative sul territorio dell’opera, ha eseguito un primo sopralluogo. Ma i Comuni interessati, con capofila Nomi, sono sul piede di guerra da settimane e non intendono mollare l’osso: troppo grande, ritengono gli amministratori, l’impatto che questa opera faraonica avrebbe su un territorio già compromesso da una fitta rete di infrastrutture (A22, ferrovia, rete viaria) che hanno depauperato il patrimonio agricolo, ambientale e paesaggistico delle comunità coinvolte.
Secondo chi si oppone al progetto, l’innalzamento del livello del fiume e la conseguente formazione di un bacino idrico a monte della diga di laminazione, avrebbe inoltre conseguenze sull’ecosistema complessivo, modificandone il microclima, ma soprattutto incidendo pesantemente sulla falda acquifera. A farne le spese sarebbero soprattutto i terreni coltivati di Nomi e Pomarolo, ma anche di Besenello, Villa Lagarina, Volano e Rovereto dove l’acqua metterebbe a rischio la vitalità di viti, meli e altre colture che sarebbero periodicamente interessate a inondazioni o ristagni idrici dalle conseguenze ora inimmaginabili.
Per non parlare della sicurezza della popolazione, soprattutto di quella di Nomi che con l’innalzamento della falda, già adesso soffre di tanto intanto di allagamenti di campagne e scantinati, si troverebbe costantemente in stato di allerta ogni qualvolta Giove pluvio scatenerà le sue ire.
Ecco perché i Comuni sono molto preoccupati e a poco vale l’indennizzo ipotizzato di 5/600 mila euro annui che saranno pagati dalla ditta titolare agli stessi per fare da contrappeso al sacrificio ambientale. La battaglia di chi vuole tutelare il territorio, già troppo vilipeso e violentato e chi persegue la strada del profitto pare solo all’inizio.
Lascia una recensione