Dopo “uscire” ed “annunciare”, è “abitare” il terzo verbo sul quale la Chiesa si fermerà a riflettere nel corso del prossimo convegno a Firenze.
Cosa può significare “abitare” nel nostro attuale contesto storico, contraddistinto da pluralismo religioso e culturale, dall’indebolimento dei legami sociali e famigliari, da una generale crisi economica e valoriale? Se un tempo la comunità parrocchiale, con le proprie attività pastorali, era segno efficace di un Dio che “è venuto ad abitare in mezzo a noi” (la parrocchia è parà-oikía, vicina alla casa), forse oggi non è più così!
Ore è il tempo che la Chiesa, da “maestra”, che forse troppo a lungo si è concentrata sull’organizzazione e sulla promozione di attività formative, sappia scendere dalla cattedra e diventare autentica “madre”. Un impegno non indifferente per tutti noi che ci sentiamo Chiesa, perché significa saper accogliere, saper stare con le persone, guardando con fiducia ad ogni fratello (anche a quello che la pensa diversamente da noi!), condividendo e testimoniando gioiosamente i nostri valori, senza però cercare di imporli a nessuno.
Marco Gadotti e Pierino Martinelli
Curare le ferite dei poveri e impegnarsi in politica sono la stessa cosa per un cristiano. Le più scandalose povertà sono il prodotto della peggiore politica. L’ingiustizia spacca il mondo tra i pochi che hanno moltissimo e i tanti che non hanno nulla. Curare i poveri vuol dire curare l’ingiustizia del mondo. Non solo accoglierli, dare loro un letto e un pasto, una medicina e un sorriso. Una speranza di futuro. Non c’è cura della povertà che non sia anche cura della politica. E se la politica non è cura della povertà, un cristiano non la rifiuta, la cambia. Un cristiano proverà sempre a cambiare la politica. Nessuna delusione potrà mai essere per lui una sentenza di morte per la politica. Perché gli sta a cuore la giustizia. Perché si indigna nel profondo per lo scandalo della miseria, della guerra, della voracità della grande finanza, dei disastri ambientali, del disprezzo dei deboli, del trionfo dei prepotenti e degli avidi. Si indigna di fronte alle vittime di tutto questo. Quanti innocenti uccisi dalla cattiva politica. Quante persone calpestate, ogni giorno, qui e nel mondo dalla cattiva politica. Un cristiano sente le viscere fremere di dolore e di indignazione, non può tacere, non può stare a guardare, non può fingere di non vedere. Non può “abitare” tranquillamente un mondo ingiusto. “Sono forse io il custode di mio fratello?”. Sì, sei tu. Sei tu il custode dell’infelice. E allora cura le sue ferite e cura la politica che le provoca. Carità e giustizia camminano insieme. La politica però delude molti. Tanti ne hanno schifo. Si può curare la cattiva politica? Si deve, anche se non è detto che ci si riesca. Ma si deve.
Questo vuol dire abitare in questo mondo, abitare “il” mondo, viverci dentro, sentirsi parte di questa fragile umanità che continuamente, di generazione in generazione prova a essere più umana. Prova a sconfiggere il mostro che pure “abita” questo mondo, “abita” noi stessi. Bisogna armarsi, però. Corazzarsi. Non si affronta il mostro del potere da sprovveduti. Con uno starnuto ti spazza via. Le nostre armi sono due: la parola di Dio e la conoscenza. Un cristiano che si impegna in politica si alimenta della parola di Dio, ogni giorno. Mangia la Bibbia ogni giorno. Quella parola gli entra nel sangue, circola nel corpo, trasforma i suoi muscoli e la sua pelle col tempo, giorno dopo giorno, anno dopo anno diventa una corazza. Ma trasforma anche i suoi occhi, le sue orecchie, la sua bocca. Può vedere, sentire, parlare in un certo modo. E con quella corazza, con quei sensi “armati” potrà affrontare la sfida della politica. Altrimenti ne verrà mangiato. E poi la conoscenza. I problemi vanno studiati seriamente, è immorale pretendere di risolvere i problemi senza conoscerli bene. Non si cambia la politica con la superficialità. Studiare, ascoltare, pensare, confrontarsi. Più che telefonare. Far tesoro di quanto di buono c’è intorno, in tanti ambienti, in tante persone, credenti o non credenti. La politica è una cosa terribilmente seria e richiede di essere seriamente affrontata. Se si vuol sperare di sfidare il mostro dell’ingiustizia e dell’avidità.
Vincenzo Passerini
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