È aperta fino all’11 ottobre a Trento la mostra intitolata “Orlando Gasperini: nei labirinti del mito” (Palazzo Trentini, via Manci 27, dal lunedì al venerdì ore 10-18, sabato ore 10-12. Ingresso gratuito).
La mostra vuol essere, e finalmente, un riconoscimento pubblico, nel capoluogo, di un pittore che, come ha scritto il teologo don Paul Renner, “era un seminatore di inquietudine e di emozioni forti, di attenzione del mondo, di speranza e di bellezza”. Percorso tutt’altro che lineare, il suo: labirintico. E oltretutto, nella logica del labirinto, non capiamo neppure se prevale il rischio (l’ineluttabilità?) di finire fagocitati dal Minotauro oppure se il soggetto sia proprio il filo d’Arianna, quel filo logico che forse esiste solo nelle nostre teste ma che ci aiuta a non andare alla deriva verso l’indistinto e il magmatico. È questo il tema sviluppato da Alessandro Fontanari nella mostra e nel bel catalogo che a sette anni dalla scomparsa vogliono ricordare il pittore di Martincelli.
Ripetutamente censurato per le sue tele dal forte impatto visivo ed emotivo, Orlando Gasperini ha sempre viaggiato all’interno del mondo dell’arte in compagnia della morte. La sua pittura, un conturbante mélange di modernismo estremo e di purezza classica, di sofisticata cultura alta e di riferimenti popular, di barocchismo spagnolo alla Velasquez e di iperrealismo americano, ha sempre narrato l’incontro (anelato, ricercato, perduto, ritrovato, rincorso) del sacro col profano. Che parli della famiglia, degli apparecchi che lo accompagnavano nella sua malattia, degli erotici angeli decaduti, del linguaggio del Cristo, Gasperini ha sempre gli occhi ben aperti sulla propria anima e sul mondo, consapevole che viviamo in un labirinto in cui a decidere, alla fin fine, è il caso. Lungo la via/vita incontra in continuazione, maschili e femminili, corpi splendidi, prestanti, erotici, forti, plasmati dalla luce e dalle ombre, che appaiono e scompaiono, sospesi nel mistero. In lui è sottilissimo ma smaccatamente insistito il gioco delle citazioni dotte e dei riferimenti ai più lontani ambiti dello scibile. Assoluta, e fondamentale, l’attenzione che presta ai dettagli: occhi, pizzi, merletti, capezzoli, peni, tatuaggi, telefonini, cicatrici, ali, muscoli: è attraverso i particolari che riesce a trasformare quei corpi così definiti in luoghi assoluti dove si gioca semplicemente tutto: l’amore e l’odio, la speranza e la disillusione, la vita e la morte.
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