Renzi si gode la vittoria d’immagine: la sua riforma non è stata stoppata e arriverà in porto
La vicenda della nuova legge sul senato sembrerebbe avviarsi alla conclusione. Condizionale d’obbligo, come usa dirsi, perché su quel che succede in un’Aula parlamentare non c’è mai certezza. La tensione interna al PD si dà quantomeno per sopita, ma vedremo se è vero. Quanto alle opposizioni sembrano non avere altra strategia se non quella di fare delle sceneggiate (tanto sanno di non avere altro spazio se non quello dei colpi di mano).
Al genere sceneggiate appartiene senz’altro l’iniziativa del sen. Calderoli di presentare una montagna di milioni di emendamenti. La sua utilità pratica è nulla persino sul piano ostruzionistico. Un centinaio di emendamenti fondati sarebbero stati maggiormente in grado di mettere in difficoltà l’Aula più di una inondazione di variazioni su frasette che non possono essere discusse perché il Senato dovrebbe dedicarci un numero spropositato di anni e che comunque non riescono neppure a raccogliere un po’ di interesse popolare.
Si sbaglierebbe però a pensare che tutto sia risolto con l’accordo per introdurre in qualche modo un rinvio ad una elezione dei senatori con un voto diretto delle urne. Il principio in sé è vago e metterlo in pratica è più difficile di quel che sembra. Tutta l’attenzione si sposta infatti sulla norma transitoria in cui si stabilirà che fare fra il momento di abolizione dell’attuale senato e l’effettuazione delle elezioni su base regionale con una nuova legge che è tutta da scrivere.
Al momento sembra si opti per una fase di transizione in cui di fatto saranno i consigli regionali ad eleggere al loro interno i nuovi senatori, cioè esattamente quello che si denunciava, peraltro a sproposito, come il crollo della democrazia. Poi si farà una legge nazionale, che però norma elezioni congiunte con quelle regionali che non avvengono tutte contemporaneamente e che per il resto sono normate da leggi diverse da regione a regione. Mettere insieme questo puzzle assomiglia molto al problema insolubile della quadratura del cerchio.
Mentre nei corridoi e nelle segrete stanze di Palazzo Madama e dei vari cenacoli di partito esperti e mestieranti di vario genere si accapigliano per risolvere il dilemma, Renzi si gode la vittoria d’immagine: la sua riforma non è stata stoppata e arriverà in porto, salvo sorprese eclatanti, entro i tempi più o meno previsti. I problemi aperti non sono tali da incidere su una opinione pubblica che per questioni del genere ha scarso interesse e ancor più scarsa passione.
La minoranza PD deve essersi accorta della sostanziale sconfitta, perché sta cercando di spostare la battaglia su un tema più “di pancia” per il suo elettorato: l’onta di dover subire la confluenza dei voti del gruppo di Verdini in cui sono confluiti anche personaggi chiacchierati per attività legate al malaffare del Mezzogiorno. L’immagine dell’invasione del proprio giardino da parte di alieni o loschi figuri sollevata da Bersani risulta però poco efficace sul piano comunicativo. Innanzitutto perché sa un po’ di paure bambinesche, ma anche, e direi soprattutto, perché si sa benissimo che in politica non si è troppo schizzinosi nel raccogliere i voti. Quanto all’accusa che il prezzo pagato per questi consensi sarebbe costituito da posti di sottogoverno e in liste elettorali, si tratta al momento di illazioni senza prove.
Dunque Renzi è arrivato alla meta? E’ probabile, ma non ancora certo. Il dibattito in Aula non è veramente cominciato, non sappiamo come il presidente Grasso condurrà i lavori, né cosa possa accadere quanto si voterà sui punti più delicati. Molti osservatori danno ormai per acquisita la vittoria di Renzi con il conseguente referendum di validazione della riforma da farsi nel 2017, momento critico in cui si vedrà quanto consenso abbia la leadership attuale e il governo che essa esprime.
Dopo si andrà con un anno di anticipo alle elezioni? Anche qui molto lo sostengono, ma noi crediamo che sia impossibile far una previsione fondata: con un contesto come quello attuale in cui tutto cambia rapidamente (a volte anche in modo drammatico), prevedere gli umori degli elettori italiani con più di un anno di anticipo è impossibile.
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