Osservare e vivere lo stile di vita della gente del posto ha aiutato a cancellare i preconcetti
E’ un viaggio insolito quello che hanno avuto l’occasione di vivere 20 giovani del Trentino Alto Adige tra il 15 ed il 25 agosto 2015. Il progetto, “Hallo Ciao Maroc”, organizzato dal Servizio Giovani della Provincia di Bolzano e dall’Ufficio Giovani e Servizio civile della Provincia di Trento in collaborazione con l’Organizzazione OEW (Organizzazione per un mondo solidale) di Bressanone e con l’Associazione marocchina Bassma, li ha portati a Rabat, la capitale del Marocco. Obiettivo del viaggio? Sensibilizzare i giovani sui temi dell’interculturalità, dell’inclusione sociale e della solidarietà. I ragazzi sono stati accompagnati, durante gli incontri preparatori e durante la permanenza in Marocco, da Abdel El Abchi, del Servizio Giovani della Provincia di Bolzano, Cristina Rensi, dell’Ufficio Giovani e Servizio civile della Provincia di Trento, e Anna Gläserer, dell’Organizzazione Oew.
Il progetto è stato promosso dal Servizio Giovani della Provincia di Bolzano tutti gli anni a partire dal 2010; quest’anno, per la prima volta, la collaborazione è stata estesa all’Ufficio Giovani e Servizio civile della Provincia di Trento. “Abbiamo iniziato a programmare questo progetto dal 2009”, spiega Abdel El Abchi. “L’idea è nata dai centri giovani. Abbiamo fatto un viaggio di studio in Marocco con operatori dei centri giovani e, dopo aver parlato con alcune associazioni, abbiamo pensato di fare uno scambio tra giovani, invece di far venire degli operatori sociali”, aggiunge.
“Quest’esperienza mi è piaciuta soprattutto perché ho imparato molto della cultura marocchina stando con una famiglia del posto, e quindi vivendo le loro tradizioni, dalla preparazione del cibo alla preghiera ed alla vita in famiglia”, afferma Francesca, una delle partecipanti trentine. I ragazzi, per tutta la durata del loro soggiorno, sono stati ospitati da famiglie di Rabat. Nella seconda fase del progetto, “Salam Bonjour Südtirol”, saranno i ragazzi marocchini, fra un paio d’anni, a venire in Trentino Alto Adige.
Osservare e, soprattutto, vivere lo stile di vita della gente del posto ha aiutato a cancellare certi preconcetti iniziali. “Sono partita con un bagaglio consistente di pregiudizi; quando poi mi sono immersa nella cultura marocchina, mi sono resa conto che molti stereotipi sono costruiti da una società che vuole inculcare una certa idea del Marocco”, spiega Arianna. “Anche io avevo dei pregiudizi – aggiunge Serena – e non per forza negativi. Sono comunque contenta perché adesso ho una visione più sicura; quando mi chiedono qualcosa sul Marocco, quel qualcosa l’ho visto, non lo riporto dal racconto di qualcun altro.”
Mentre le mattinate erano organizzate, con giochi e discussioni per favorire lo scambio interculturale, i pomeriggi e le serate erano liberi. “Questa libertà ci voleva, perché così abbiamo avuto modo di vivere pienamente lo stile di vita marocchino”, dice Noemi a proposito. Il tempo necessario per perdersi nel suq, il mercato che, tutti i giorni, da mattina a sera, anima le strade di Rabat, col suo guazzabuglio di colori e di vita. Un vero e proprio luogo d’incontro, perché vi si trova sempre qualcuno con cui scambiare due chiacchiere. Il tempo di imparare a cucinare alcuni dei piatti tipici marocchini, che a pranzo si servono in un unico piatto al centro della tavola, da cui ogni persona mangia, creando un’atmosfera comunitaria anche durante i pasti. O il famoso tè alla menta, che dev’essere servito con un rito tutto particolare. Il tempo di fare il bagno nell’oceano e di giocare a pallone sulla spiaggia. Il tempo per visitare la Chella, un antico sito archeologico di Rabat, e per fare il bagno nell’hammam, una sorta di bagno pubblico dove, in diverse sedi, donne ed uomini si recano per lavarsi con oli profumati. Il tempo di farsi fare l’hennè su mani e piedi, un’abitudine che le donne praticano sin da piccole.
Un tempo che è scandito sicuramente da ritmi diversi rispetto a quelli “europei”, e che ha permesso ai ragazzi trentini ed altoatesini di entrare in una realtà completamente diversa.
“E’ stato interessante vedere come certi comportamenti di marocchini emigrati in Trentino, che mi erano sembrati strani, sono in realtà, qui in Marocco, normali”, afferma Elena.
Anche la comunicazione, nonostante le difficoltà della lingua, è risultata semplice, immediata. “E’ stato bello vedere come la lingua non fosse l’elemento fondamentale. La mia sorella marocchina non parlava bene l’inglese, ma alla fine dei dieci giorni avevamo un rapporto bellissimo”, racconta Chiara.
Lascia una recensione