Beati quelli che piangono perché saranno consolati. Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia… Alcide De Gasperi aveva cominciato a incidere con uno spillo questi passi delle Beatitudini sul muro bianco della cella nella quale era rinchiuso. Ma poi, scoperto, aveva dovuto interrompersi e cancellarle. E' lui stesso a ricordarlo in una delle sue “Lettere dal carcere”. L'episodio è stato ricordato dall'arcivescovo di Trento, Luigi Bressan, all'omelia della Santa Messa tenuta a Borgo Valsugana lo scorso 19 agosto in occasione del 61° anniversario della morte dello statista trentino. Alcide De Gasperi seppe lasciarsi ispirarsi dalle Beatitudini, e quando le ricordava in prigione lo faceva non tanto per trarne personale conforto, quanto “come il riassunto del quale era intessuta la mia vita”. E così a fondo erano penetrate le Beatitudini nella vita di De Gasperi, che nella stessa lettera citata poteva scrivere – dopo essere stato costretto a ripulire il muro raschiandolo con un cucchiaio di legno – che “le Beatitudini non si raschiano dal cuore quando ci sono incise fino dall’adolescenza”.
“Siamo nel primo centenario di una terribile guerra”, ha detto ancora Bressan, di fronte alla quale De Gasperi “da buon cristiano, non rimase inerte”, ma “fece la spola tra Vienna e Roma per evitare quell’orribile inutile strage”. “Non fu solo spettatore, ma nei suoi interventi propose una tregua per Natale, e poi vie per soluzioni meno dolorose possibili”, non abbassò mai le braccia. E “sarà soltanto la tirannia fascista a impedirgli di intervenire durante un ventennio”. Appena libero “si impegnò per ricostruire l’Italia e per avere un’Europa più fraterna, che si facesse promotrice di pace e di sviluppo per il mondo”. In questo sforzo, in questa tensione era “guidato dalla dinamica dell’amore agli altri” che “è caratteristica del vero cristiano”. “Noi evitiamo la guerra perché la guerra porta alla compressione della libertà, e all’instaurazione della tirannia”, affermava in un discorso al Senato l‘8 agosto 1951. De Gasperi “seppe essere innovativo”, “mediatore, paziente senza cedere sui principi”. E oggi che “vi sono tante, troppe, guerre in corso nel mondo e nella nostra stessa Italia prevalgono le tensioni”, ha ammonito mons. Bressan, appare ancora più attuaIl compito di costruire mentalità, atteggiamenti e strutture di questa pace dinamica e progressiva spetta a tutti noi: semplici cittadini, impegnati nel sociale e nel politico, nella formazione dei giovani o nei media.le la lezione di De Gasperi, che “non disperò mai”, forte della fede cristiana “rimase in lui ferma, una scelta fondamentale per il servizio altrui, una fiducia nella Provvidenza divina”.
Se la pace è “ben più che l’assenza di un conflitto armato”, è “fraternità dinamica per il bene di tutti”, il compito “di costruire mentalità, atteggiamenti e strutture di questa pace dinamica e progressiva spetta a tutti noi: semplici cittadini, impegnati nel sociale e nel politico, nella formazione dei giovani o nei media”, ha concluso Bressan.
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