Di norma la loro condizione veniva definita nei testi ufficiali della Chiesa con l'aggettivo “irregolare”. L'imperfetto è d'obbligo perché nella Relatio Synodi che ha chiuso l'Assemblea straordinaria dei vescovi che si è svolta lo scorso autunno il termine non esiste più dal momento che è stato sostituito dal concetto di “fragilità”. Al di là dell'aspetto strettamente linguistico, sembra di capire che nel giro di qualche decennio, o anche meno, è avvenuto un cambio di mentalità di non poco conto.
Così che tutte le situazioni di coppia che in un certo qual modo venivano accomunate da quell'aggettivo (per certi versi così escludente alla stregua di “normale/anormale”) riacquistano dignità anche all'interno della comunità ecclesiale dove il rischio di emarginazione è sempre stato forte … e così poco evangelico.
Irregolari sarebbero quanti, fallito il primo matrimonio (magari è l'altro coniuge ad essersene andato), decidono di avviare una seconda unione con matrimonio civile o di semplice convivenza alla stregua di altri che proprio di matrimonio non vogliono sentir parlare e restano uniti di fatto, cui vanno ad aggiungersi le coppie di persone legate da vincoli affettivi, ma dello stesso sesso.
“Problemi inediti fino a pochi anni fa”, scrive il giornalista Aldo Maria Valli, vaticanista del Tg1 RAI, che ha raccolto in un libro una serie di testimonianze così diversificate da costituire una sorta di “mosaico multicolore” segno della complessità delle variegate situazioni che, se non si possono più accomunare da quell'aggettivo “irregolari”, hanno però molto da spartire, a cominciare da quella volontà di “uscire dal cono d'ombra” cui sembrano essere relegate da troppi anni, come affette da “malattia contagiosa e invalidante”.
Ecco allora le parole-chiave che legano il filo dei racconti: dolore, amore, disagio, speranza. Dolore non è una generica sofferenza, perché significa lacerazione e ferite, talvolta lenito da un amore che rischiara il buio della disperazione, spesso per quei figli di fatto rimasti privi di un genitore. E se il disagio di venir emarginati dalla comunità cristiana è comunque grande, la speranza di giorni migliori diventa la fiammella che consente il (faticoso) cammino soprattutto se al proprio fianco si trova – e le testimonianze lo sottolineano – un prete che mostra il volto accogliente di una Chiesa che rivela la misericordia del Padre.
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