La Calabria che spera

L'esperienza di un gruppo di giovani del Primiero alla scoperta della Locride

C’è un filo che unisce il Trentino e la Calabria. Qualcosa che lega queste due terre, poste sul confine opposto dell’Italia. Ad accomunarle la presenza delle montagne ma anche quella di un vescovo trentino, monsignor Giancarlo Maria Bregantini, che in questo territorio, soprattutto tra la gente, ha lasciato un segno profondo del proprio operato. Ad unire queste due terre ci ha pensato anche un viaggio che nel mese di giugno ha visto protagonisti un gruppo di giovani delle Valli del Primiero e del Vanoi. Grazie ad un progetto sulla legalità proposto dalla pastorale giovanile e dal Piano giovani di zona, il gruppo ha avuto modo di scoprire la Calabria, e in particolare la Locride.

“Rimane, dopo un viaggio come questo – raccontano i giovani partecipanti – l’azzurro del mare, il verde delle montagne, il sapore della terra, perché qui i prodotti hanno tutto un altro sapore, l’immensità del cielo. Rimangono impressi i volti di questa terra. Un popolo accogliente e ospitale che prosegue, a piccoli ma costanti passi, verso una nuovo via con esperienze significative che abbiamo avuto modo di conoscere da vicino”.

Nel corso della settimana il gruppo ha visitato la piccola comunità di suore che a Caulonia creano icone. A Bovalino hanno conosciuto Suor Carolina Iavazzo, testimone di una Chiesa in prima linea nella lotta quotidiana alla mafia. Lei, collaboratrice a Brancaccio nella provincia di Palermo di “3P” – Padre Pino Puglisi, dopo la sua morte si è trasferita in Calabria. Qui con le sue sorelle ha costruito un centro per i giovani “perché è da loro che bisogna iniziare a costruire il futuro”.

La Calabria è purtroppo ancora la terra della paura. Toccante l’incontro con Mario Congiusta, papà di Gianluca Congiusta ucciso dalla ‘ndragheta. “Se Gianluca avesse vissuto a Trento sarebbe ancora vivo”. Ha detto ai ragazzi il signor Mario. Parole che hanno lasciato il segno, perché Gianluca era un ragazzo giovane che amava la vita. Un lavoratore che ha detto di no al pizzo e per questo è stato ucciso. Ed è stato ucciso due volte perché il suo assassino rimane ancora impunito. “Abbiamo conosciuto Antonio – raccontano i ragazzi – dell’associazione Libera. Per una mattinata abbiamo lavorato su un bene confiscato alla mafia a Polistena. In quel palazzo, prima simbolo del potere mafioso, oggi c’è il centro delle attività culturali e sociali della città”.

Ma la Calabria è anche terra di storia e di cultura ancora da valorizzare pienamente: ne sono esempi la Villa romana di Casignana, la cittadina di Gerace, il museo archeologico di Reggio Calabria.

“Parlare di fede, speranza e carità, lasciando che sia la vita stessa a parlarne, questa è l'esperienza della Calabria per un gruppo di 20 primierotti – spiega don Nicola Belli -. È stato importantissimo, per me parroco, contemplare i giovani che sanno interrogarsi davanti a questione decisive e che cercano il dialogo schietto e sincero con il mondo adulto. È stato importante vedere come nel giovane sia forte la ricerca di spiritualità, capace di donare significati nuovi alla propria esistenza. È stato un cammino in terra calabra che ha avuto continui rimandi alla nostra realtà primierotta”. E i rimandi ci sono già stati. Proprio settimana scorsa il gruppo ha avuto modo di conoscere monsignor Bregantini, ospite in Primiero.

La Calabria è anche il volto della speranza. “Manca la capacità imprenditoriale, ci è stato detto. Manca la forza di sperare, ci è stato sussurrato. Ma poi abbiamo conosciuto realtà che a piccoli passi stanno portando avanti qualcosa di nuovo. Abbiamo conosciuto una terra ospitale. Ed questa è la Calabria che vogliamo contribuire a far conoscere nel nostro Trentino”.

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