L’alternativa del diavolo sulla questione greca

Per i governi UE cedere al ricatto di Tsipras significa aprire la via all’antieuropeismo diffuso

E’ difficile raccapezzarsi nella complicata situazione che si è determinata per le piroette del governo greco. Gli economisti sono divisi nell’analisi non meno dei politici, perché ciascuno tende a guardare al problema da un punto di vista particolare, mentre manca una autorità che possa mettere tutti di fronte alla drammaticità profonda della situazione.

A nostro modesto avviso la questione fondamentale non è più puramente economica. Chi fa notare che in fondo il salvataggio della Grecia dai suoi problemi economici non sarebbe un peso particolarmente gravoso per l’Europa, dimentica che il nodo sta nel “come” si è arrivati a questa situazione e nel fatto che non si vuole cambiare rotta. Il come è una lunga storia di furberie fiscali e finanziarie, di dimenticanza di quanti aiuti in passato la Grecia ha già avuto dalla UE (a cominciare da sostanziosissime quote dei fondi strutturali che non si sa bene che fine abbiano fatto), di incapacità di un minimo di razionalità nella distribuzione delle risorse da parte dei governi greci. Il rifiuto di cambiare rotta dipende dal modo in cui Tsipras è andato al potere, sull’onda di una sinistra parolaia che ha promesso che nulla sarebbe cambiato nel paese e che le turpi imposizioni delle autorità monetarie internazionali sarebbero state semplicemente cancellate.

In queste condizioni è molto difficile per il sistema europeo e internazionale aiutare il paese a risollevarsi. Certo si può discutere fino a dove può spingersi la richiesta di austerità, ma difficilmente si può ammettere che non si tocchino privilegi la cui legittimità sfugge. Tanto per dire, perché l’IVA sul turismo in Grecia deve essere al 13%? Se passa il principio della possibilità di farsi concorrenza vendendo sottocosto, il mercato comune se ne va a rotoli.

D’altro canto, strangolare la popolazione greca per farle espiare le colpe delle sue pessime classi dirigenti (di destra e di sinistra) non è che sia una bella politica. Insomma la scelta fra il consentire alla Grecia di avere violato tutte le regole senza pagare dazio e il farle pagare il prezzo dei suoi sbagli gettando nella miseria una buona parte del suo popolo è la classica alternativa del diavolo.

E’ proprio questa situazione che ha trasformato il caso greco in una assurda partita a mezza via fra il poker e il classico gioco del cerino. Il governo greco prova a scommettere che alla fine per non sottostare all’accusa di affamatori dei popoli i governi europei si arrenderanno all’idea di salvare la Grecia condonandole gran parte del debito (e questo sarebbe anche possibile), ma senza poi obbligarla a quella ristrutturazione della sua vita pubblica, prima ed oltre quella economica, che è ciò che Syriza non vuol fare per non perdere il suo appeal elettorale. Di qui una estenuante dilazione dei tempi di contrattazione nella convinzione, o nella speranza che alla fine la UE mollerà per non bruciarsi le dita col cerino che si cerca di farle rimanere in mano.

I governi UE d’altro lato hanno ben presente che cedere al ricatto di Tsipras significa aprire la via all’antieuropeismo diffuso. Già con l’improvvida idea del referendum il governo greco ha di fatto legittimato tutti quelli che vorrebbero fare altrettanto: a partire dai britannici, per andare a Podemos in Spagna, a Grillo e Salvini in Italia, tacendo di quel che succede in molti paesi dell’Est. Aggiungiamoci che i vari governi che per accedere all’Unione o per restarci hanno dovuto fare tanti “compiti a casa” e strutturare le loro economie in modo più austero rispetto al ricorso disinvolto al debito pubblico non possono certo presentarsi ai loro elettori come quelli che ai greci concedono ciò che hanno negato ai loro cittadini. Tuttavia devono imporre alla Grecia di rispondere delle sue responsabilità salvandosi dall’immagine degli “egoisti” che non sono solidali con chi è in difficoltà, per cui ecco l’infinito ricorso anche da parte loro a nuove proposte di mediazione.

Come finirà? Difficile dirlo, ma temiamo che finirà comunque male. La ferita inferta al modello di governo comune in Europa rimarrà, l’antieuropeismo crescerà, e la Grecia, anche se si troverà il “trucco” per superare questa fase critica, finirà comunque alla fine travolta dalla impossibilità di reggersi su un sistema che non può più funzionare.

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