Il premier Matteo Renzi cerca ancora il colpo d’ala per riguadagnare il centro della scena
Quanto la situazione sia difficile e mutata rispetto ai decenni precedenti lo si può vedere da un fatto relativamente inedito: gli attacchi della destra ai vertici della Chiesa Cattolica. Salvini ha pesantemente attaccato il papa, ma anche il “moderato” Toti, neo governatore della Liguria, ha attaccato il presidente della CEI cardinale Bagnasco. Non era mai capitato, perché anzi la destra ci teneva a farsi passare per il partito che difendeva la religione.
Sono episodi marginali, ma indicativi di un orizzonte che sta mutando: ormai la premessa di tutto è sfruttare la paura della gente e per questo l’immigrazione diventa la questione chiave e chiunque richiami concetti umanitari diviene un nemico da attaccare.
Gestire la sfera politica in queste condizioni e con l’estate alle porte, cioè avviandosi verso un periodo in cui l’attenzione della gente per quelle cose si affievolisce ulteriormente, è quasi un’impresa impossibile. Renzi se ne sta rendendo conto ed i sondaggi registrano un affievolirsi della sua capacità di far presa sull’opinione pubblica. Tuttavia non ha grandi armi a disposizione per cercare di rovesciare una situazione poco favorevole.
I due risultati maggiori che ha ottenuto, cioè la riforma del mercato del lavoro e quella elettorale, non riescono a conquistare veramente uno spirito pubblico disamorato dalla visione di una politica corrotta e poco creativa. Sul mercato del lavoro infatti, l’impennata di nuova occupazione non si vede. Certo la nuova normativa ha favorito la stabilizzazione della situazione esistente con molte regolarizzazioni di assunzioni precarie. Non è un risultato da sottovalutare, ma quel che ci si attendeva era un po’ di lavoro nuovo e questo arriva col contagocce e per di più quasi esclusivamente nei settori del lavoro operaio. Questo lascia fuori una quota cospicua di giovani che non hanno le caratteristiche adatte o che semplicemente non risiedono nei pochi luoghi dove si concentrano le fabbriche che assumono.
Quanto alla riforma elettorale il mutamento del contesto lascia perplessi molti che avevano interpretato l’Italicum come una scorciatoia per “vincere facile” da parte del PD. La prospettata crescita del M5S e l’ipotesi che ci sia un ricompattamento del centro-destra attorno alla Lega (una prospettiva a cui Berlusconi sembra si stia lentamente arrendendo) mettono le future elezioni di fronte al rischio di consegnare il paese a forze poco adatte per un governo responsabile. Questo innervosisce non poco i ceti dirigenti del paese, sicché Renzi sta mettendo in forse il sostegno, sia pure contorto, che aveva da parte della grande stampa.
Il premier cerca ancora il colpo d’ala per riguadagnare il centro della scena, ma per il momento non ha a disposizione l’idea vincente. La riforma della scuola non decolla e se è vero che l’opposizione dei sindacati e del movimentismo fanatico dell’estrema sinistra sono fatti di una minoranza seppur cospicua, è altrettanto vero che la riforma lascia indifferenti gli altri. Del resto con una classe insegnante sfibrata da decenni di abbandono, con le difficoltà educative che tutti conoscono, alla possibilità di una “buona scuola” credono in pochi.
Quanto alla riforma del Senato è un altro terreno poco capace di scaldare i cuori. Nelle difficoltà economiche generali l’argomento sul taglio dei costi della politica che la sua abolizione comporterebbe ha perso mordente. Farne la “Camera delle Regioni” non è lo slogan più popolare nel momento in cui le regioni e in genere le amministrazioni locali o sono rubricate come nidi di corruzione o vengono giudicate incapaci di gestire i grandi problemi che abbiamo di fronte.
Della riforma della pubblica amministrazione si sono perse le tracce, ma tanto alla riforma della burocrazia non crede quasi nessuno. Si è provato a lanciare sottotraccia l’idea di mettere mano all’ennesima riforma dell’università, ma anche qui non si è accesa nessuna passione.
Se ci si fa caso, oggi il consiglio, non si sa quanto interessato, che da più parti è indirizzato a Renzi è quello di prendere in considerazione la necessità di “farsi una squadra”. Si spera così che un gruppo qualificato di persone possa mettere mano ad una progettualità di interventi capaci di coinvolgere le speranze della gente.
Renzi per ora non ci sente, anzi non riesce neppure a fare il famoso mini-rimpasto che copra i posti vacanti dell’esecutivo. Però sbaglia, perché se non trova e presto il famoso colpo d’ala, rischia di arrivare alla tornata di amministrative della primavera 2016 senza capacità di incidere.
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