Uno stile che si vive anche senza uniforme

Già finito? Papa Francesco ha appena augurato “buon cammino” ai centomila scout in piazza San Pietro. Il suo discorso, seppur così denso, è durato soltanto pochi minuti. Qualcuno si aspettava una piccola anticipazione sull'enciclica, in anteprima per gli scout “uomini dei boschi”, che del creato fanno il loro habitat privilegiato… I lupetti, forse, pensavano che gli avrebbe parlato di San Francesco, il loro patrono… ma niente. Si comincia a svuotare la piazza, con un leggero senso quasi di delusione, per la fugacità di un momento così a lungo atteso e preparato, e già finito.

Ma ben presto si comincia a sentire il peso di quelle poche parole, “Fate ponti, per favore!”, solo apparentemente scontate. Papa Francesco è andato al cuore del problema – una società che erige muri, e in questi giorni, guardando verso il confine, sembra quasi di vederli questi muri – e ha chiesto agli scout di andare controcorrente.

Loro che sono camminatori, “come i cristiani dell’inizio, quelli della via”. E sono arrivati a Roma da pellegrini, con lo spirito di chi cammina lento, a ritmo umano, e così impara ad essere semplice e povero, ad incontrare le persone riconoscendo il loro valore, a coltivare le relazioni e a sentire anche la fatica, come ha ricordato don Paolo Devigili ai pellegrini trentini radunati nella Basilica di S. Giovanni in Fiorentino, poco prima di ripartire, riprendendo le parole di p. Davide Brasca.

La spiritualità è una dimensione “fondamentale per la crescita equilibrata e completa della persona umana” ha ricordato Francesco, riconoscendo la centralità della fede nella proposta educativa dell'Agesci. Perché non è la stessa cosa aver conosciuto Gesù o non conoscerlo, non è la stessa cosa cercare di costruire il mondo con il suo Vangelo piuttosto che farlo unicamente con la propria ragione (Evangelii Gaudium, 266).

È su questo cambiamento di vita che si gioca il coraggio di essere cristiani, e la responsabilità di essere costruttori di ponti. La missione affidata dal Papa agli scout è il cambiamento dei cuori degli uomini. Con il dialogo e con il servizio, per vincere la “tristezza individualista”.

Sui territori l'Agesci ha dato prova di quella “nuova capacità di dialogo con la società” che, parola di Francesco, può essere preziosa per tutta la Chiesa. Ma il mandato del Papa è in buone mani soprattutto perché a farsene carico non è un'associazione, ma ognuno nella sua professione, nel suo impegno nella società civile, nel volontariato, nella politica: lo stile scout si riconosce soprattutto quando si dismette l'uniforme e il fazzolettone.

“Noi ci siamo!”, hanno detto in coro gli scout. Forse, dopo l'incontro del 13 giugno, il Papa saprà valorizzare ancora meglio la partecipazione ecclesiale di questa vivace associazione, che si riconosce pienamente “Chiesa in uscita”. Questa udienza è stata l'occasione per Francesco di conoscere lo scautismo italiano, e non sarà certo rimasto indifferente a quella distesa di camicie azzurre di ogni taglia, una comunità gioiosa, ognuno con una diversa consapevolezza di essere Chiesa viva (“Forse i più piccoli tra voi non se ne rendono bene conto, ma i più grandi spero di sì!”) ma ricolmi della stessa gioia genuina e feconda, che Francesco ha scelto come segno del suo stile di evangelizzazione.

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