Fermi al Passo

Passo del Brennero, giugno 2015 – Non sarà il porto di Lampedusa, di Crotone o di Otranto, ma anche questa è una tappa cruciale dell'esodo di migliaia di profughi. Una tappa sempre più battuta e, in questi giorni, a rischio.

Anche dopo la caduta delle frontiere, che hanno consegnato alla storia il cippo di confine e le stanghe doganali tra Austria e Italia, il passo del Brennero rappresenta ancora una strettoia strategica per i flussi Nord Sud, ad un'ora e un quarto da Trento. Ed in queste settimane la tranquilla località altoatesina – un migliaio di persone tutte dedite al turismo e ai servizi di confine – è messa a dura a prova dall'intensificarsi degli arrivi dei profughi, persone per lo più esterne al flusso della protezione internazionale e quindi non possono rimanere in Italia.

Il motivo? L'annunciata barriera d'accesso agli immigrati stabilita dal governo tedesco in occasione del G 7 tenutosi in questi giorni in Baviera: per ragioni di sicurezza, gli immigrati “di passaggio” nel loro avventuroso viaggio verso il Nord Europa sono stati riportati indietro. Le chiamano, in gergo tecnico, “riammissioni”.

Eccoli i pullmini della polizia austriaca che hanno il compito di riportare gli immigrati al Passo del Brennero, passando sotto un'amara insegna pubblicitaria che dà il benvenuto: “Willkommen in Sudtirol”. Così la piccola stazione dall'architettura austroungarica si è trasformata nell'approdo provvisorio: e adesso, dove andare, cosa fare?

Qualche coperta nelle due sale d'aspetto peraltro ben pulite dice che in stazione ormai si dorme anche, e si vive. Sfugge però un quadro definito della situazione anche alle forze dell'ordine: il numero dei migranti cambia di giorno in giorno, un centinaio in media, in aumento però.

Un'immagine eloquente si concretizza sulla pensilina ad ora di pranzo, quando i volontari riconoscibili dalla casacca con la scritta internazionale “Aid Work” portano ceste per la distribuzione di panini e thè caldo. E questo mondo “a parte”, come un'isola finora invisibile, emerge ai nostri occhi. Una quarantina di persone accorrono da ogni angolo disponendosi in file pazienti: per lo più nordafricani, ma anche asiatici, in maggioranza giovani ma anche famiglie con qualche donna incinta. Appaiono stanchi, preoccupati. Jeans e scarpe da ginnastica, s'aggrappano al cellulare, collegamento col resto della famiglia, strumento decisivo per avere informazioni da lontano. “Noi veniamo dal Senegal. No, non sapevano che non si può passare in Germania…” rispondono frettolosamente, compulsando le coincidenze dei treni.

Un'angosciante incertezza è il sentimento malcelato. La lenisce anche solo un sorriso, una sigaretta, due parole. Qualcuno invece li vede, ma li ignora, i numerosi turisti attirati dal mercatino settimanale del Passo o i bikers “presi” dagli orari ferroviari.

Ma ecco un curioso, edificante siparietto: l'addetto alle pulizie della stazione risponde alla richiesta d'informazioni da parte di una famiglia siriana. “Sono egiziano, da qualche anno vivo in Alto Adige – ci spiegherà dopo Alì – e quando comprendo la lingua do volentieri qualche notizia”.

Da dicembre, quando lo storico flusso di migranti al Brennero si è intensificato, si è mobilitata l'associazione “Volontarius”, con sede a Bolzano, operativa in stazione con una ventina di persone a rotazione: “Siamo disponibili quasi tutta la giornata – spiega il responsabile Walter Petrone – per alleviare le situazioni più difficili. Distribuiamo il cibo e l'acqua, ascoltiamo le voci dei migranti. Possiamo contare anche sul sostegno della Comunità Compensoriale Wipptal”.

La Provincia di Bolzano – l'assessorato competente segue la realtà migratoria d'intesa con la Caritas e altre sigle – ha affidato a “Volontarius” la gestione di una struttura su tre piani presa in affitto vicino alla stazione: due sale, i bagni, una doccia, qualche stanza per un centinaio di posti letto e la permanenza limitata ad una sola notte. Gli effetti del blocco tedesco e, di conseguenza, anche austriaco? “Le riammissione in Italia sono aumentate – risponde Petrone – ma con il 17 giugno il blocco dovrebbe finire. C'è però il rischio che venga prorogato….”

E l'incertezza quindi rimane. Qualche profugo torna a Verona o in altri centri del Nord, qualcuno immagina altre soluzioni. Organi di stampa locale hanno dato notizia anche di tentativi di svalicamento a piedi, attraverso i sentieri nei boschi oppure lungo la statale o le pericolose gallerie autostradali, per non dire dei convogli dei treni merci”. Compito dei poliziotti – in numero quassù peraltro ridotto, come ha protestato il sindacato – è anche quello di scoraggiare e prevenire scelte avventurose che potrebbero avere conseguenze ancora più drammatiche.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina