I manufatti afghani in mostra a Rovereto: un fenomeno ancora tutto da studiare
“Cerchiamo di guardare a questi manufatti innanzitutto come opere dell'ingegno umano”, altrimenti banalizzandone l'atto creativo si “rischia di disseminare il terreno della comprensione di trappole ideologiche”. Così scrive il collezionista d'arte e antropologo roveretano Sergio Poggianella nell'introduzione del corposo catalogo della mostra “Confini e conflitti-Borders and battles”, allestita presso Palazzo Alberti-Poja di Rovereto. L'originale esposizione di “tappeti di guerra” (war rugs) afghani vuole essere un contributo al centenario della Grande Guerra – potrebbe essere interessante abbinarne la visita con quella alla mostra “La guerra che verrà non è la prima. 1914/2014”, allestita nella vicina sede del Mart – ma anche un'occasione per approfondire un fenomeno ancora tutto da studiare. Con il termine “war rugs” si indicano non solo i tappeti orientali che riportano le immagini delle attuali armi ma anche quelli “geografici” riproducenti il planisfero.
Si tratta di manufatti prodotti nell'arco di tempo che va dal 1979, anno dell'invasione sovietica, fino al 2006, quando terminò l'Enduring Freedom, la guerra statunitense sul suolo afghano contro il terrorismo, iniziata nel 2001 dopo l'attacco alle Torri Gemelle, ma poi di fatto proseguita fino al 2014 sotto altre sigle. Sono prevalentemente annodati a mano, in genere dalle donne, in Afghanistan o nei campi profughi dei paesi limitrofi. Una parte minore proviene da Iran e Cina. Nei tappeti sono tessute con divizia di particolari armi moderne: aeroplani, carri armati, elicotteri, navi da guerra, kalashnikov, granate, veicoli militari, missili e proiettili. Le armi sono rappresentate da sole, oppure assieme alla mappa dell'Afghanistan, o in contesti urbani moderni con grattacieli, strade ed automobili o, all'opposto, in paesaggi orientali tradizionali, o ancora accostati ai ritratti di combattenti famosi nei contesti di guerra afghani. Nei pezzi esposti a Palazzo Alberti-Poja si possono ammirare anche tappeti con la mappa del mondo e le bandiere dei singoli paesi. Attirano poi l'attenzione due tappeti riproducenti l'attentato alle Torri Gemelle del 2001.
Il fenomeno dei “war rugs” nell'arte moderna si sviluppa in Occidente, i manufatti non nascono con questa intenzione. Gli studi sulle motivazioni di tale produzione sono scarsi, tra i maggiori esperti, Enrico Mascelloni, originario di Spoleto, è presente con un suo intervento nel catalogo della mostra. L'interesse per questi tappeti si è diffuso negli anni Novanta nei musei e nelle gallerie d'arte contemporanee specialmente in Italia. Ad incuriosire era la rappresentazione della “modernità”, con scritte tra l'altro non solo in lingue locali ma anche in inglese, in un ambiente molto tradizionalista. Successivamente si sono mossi i collezionisti privati. Ma le interpretazioni date ai tappeti erano ideologiche, talvolta contrastanti: da una parte i collezionisti di oggetti bellici, dall'altra i pacifisti che vi attribuivano significati di un pacifismo che nulla aveva a che vedere con la mentalità dei produttori. I cinquanta tappeti esposti fanno parte di una collezione più ampia di 200 esemplari, conservati presso la Fondazione Sergio Poggianella, che si prefigge l'obiettivo di coinvolgere varie discipline per approfondire il fenomeno che, secondo Poggianella, è prima di tutto sociale e antropologico.
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