Anche il concetto di “limite”, come ogni altra cosa, è ambivalente. Oggi ci si potrebbe chiedere, guardando le immagini dallo spazio: ma come ha fatto quella scimmia ad arrivare lì?
Siamo gli unici organismi in grado di mettere in disordine, ma siamo anche gli unici a percepire il limite del nostro lavoro e non ci accontentiamo mai. In un certo senso avvertiamo la finitezza del nostro vivere e contemporaneamente percepiamo l’infinità in cui siamo immersi. La mano che ci ha differenziato dalle scimmie si è come assolutizzata, la tecnica non è più al nostro servizio, ma è diventata un nuovo ambiente di vita. Ed esiste altresì un’unica legge: tutto ciò che è tecnicamente possibile, va sperimentato. E tutto il nostro modo di vivere che per secoli ha funzionato, oggi si va modificando sotto i nostri occhi.
La pillola e il viagra hanno modificato i rapporti di coppia. Tutta la nostra vita è diventata una grossa sfida e il campo farmacologico ha infinite potenzialità: come viene sperimentato un nuovo farmaco, ecco che ne è già pronto un altro 2.0 che ha eliminato i difetti del precedente.
In questo senso l’umanità ritiene di non avere limiti: secondo un sondaggio gli italiani pongono a 83 anni l’età per considerarsi “vecchi”, ma l’età media è a 82, quindi non esistono praticamente più i vecchi.
Eppure un limite che viene riconosciuto, può diventare una risorsa, in caso contrario solo un buco nero.
Il limite è sempre la mia umanità, nonostante oggi la generazione degli adulti consideri solo la giovinezza e non sia più in grado di pronunciare la parola morte. Adulti però che amano la “loro” giovinezza, ma incapaci di guardare i giovani in faccia.
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