La strage

In piazza Duomo a Trento 900 secondi di silenzio per ricordare i morti nell’ennesimo naufragio nel Mediterraneo

Novecento secondi di silenzio. Quindici minuti. In piazza Duomo a Trento, il Forum Trentino per la Pace ha voluto ricordare così, mercoledì 22 aprile, i morti nell’ennesimo naufragio nel Mediterraneo, la notte tra il 18 e il 19 aprile: forse 700, forse 900, stando alle testimonianze, da vagliare, dei pochi superstiti. E i morti che il mare ha inghiottito poche ore dopo, davanti alle coste di Rodi, in Grecia: di 200 persone, una cinquantina i superstiti.

Numeri che fanno gridare all’orrore, ma che poco dicono delle immani tragedie che ci sono dietro. Morti che vanno ad aggiornare la triste contabilità delle agenzie umanitarie. L’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, stima che dall’inizio del 2015 più di 35.000 richiedenti asilo e migranti siano arrivati in Europa via mare e, se il bilancio degli ultimi naufragi venisse confermato, i morti fino ad oggi sarebbero 1.600. Nel 2014, circa 219.000 persone hanno attraversato il Mediterraneo; 3.500 le persone morte nel tentativo. Persone che fuggono da guerre e persecuzioni, in cerca di una vita migliore, degna e libera.

All’iniziativa del Forum per la pace hanno aderito anche Acli, Arci, Cgil, Cisl e Uil del Trentino. Il giorno prima, a dire #fermiamolastrage, erano scesi in piazza Montecitorio a Roma, davanti al Parlamento, associazioni, gruppi e movimenti della società civile. Un modo per fare pressione sulle forze politiche e sul governo, in vista del Consiglio europeo di giovedì 23 aprile.

L’ennesima strage di migranti ha riaperto la discussione (e anche le polemiche) sull’impegno dell’Italia e sull'impotenza dell’Unione Europea a gestire i flussi migratori nel Mediterraneo e sui limiti dell’operazione Triton, che prevede il controllo delle acque internazionali solamente fino a 30 miglia dalle coste italiane. “Questo disastro conferma l’urgenza di ripristinare una robusta operazione di salvataggio in mare e di stabilire vie legali credibili per raggiungere l'Europa” (reinsediamento, visti umanitari e ricongiungimenti familiari potenziati), ha dichiarato António Guterres, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, invocando “un approccio europeo onnicomprensivo” per affrontare “le cause profonde che spingono tante persone a questa tragica fine”. L’Unhcr, con altre agenzie e organizzazioni non governative, lavora anche per garantire l’accoglienza e l’inserimento dei profughi il più vicino possibile alle regioni di origine. Un esempio positivo di questo sforzo vede tra i protagonisti anche un’organizzazione trentina, l’Acav, che in proprio in questi giorni in cui tutta l’Europa dibatte attorno al problema di come fermare le migrazioni dall’Africa, ha sottoscritto con il governo ugandese, l’amministrazione del Distretto di Koboko, l’Unhcr e un’azienda agricola giapponese un accordo per un progetto di inserimento di alcune migliaia di profughi provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo.

“L’Europa degli ultimi venti anni ha forti responsabilità per quanto sta accadendo nel Mediterraneo”, ha denunciato dalle pagine del quotidiano Avvenire il presidente della Caritas Italiana, l’arcivescovo di Trento, Luigi Bressan, auspicando che “l’Europa riapra quei canali regolari di ingresso, dopo la fine del Decreto flussi che ha interrotto ogni possibilità di arrivare in sicurezza e legalmente”. Arrotondando il suo pensiero ai microfoni di radio Trentino inBlu: “Occorre una collaborazione stretta tra le nazioni. Pensiamo all’operazione Mare Nostrum, che come vediamo oggi, non incentivava le partenze”, ha detto Bressan, ribadendo la linea della Caritas Italiana e della Fondazione Migrantes, che è quella di individuare canali umanitari di accesso all’Europa, sicuri e legali, a breve termine, e forme più strutturate, sul lungo termine. Solo così si può pensare di evitare nuove, altrimenti inevitabili tragedie e di stroncare il lucroso traffico di esseri umani. Perché finora non si è vista ancora “una soluzione credibile in campo per gestire l’enorme problema del drastico confine tra il nostro mondo e quello della fame e del terrore”, ha osservato il presidente del Consiglio provinciale di Trento, Bruno Dorigatti. Cogliendo “un senso di impotenza, in tutto questo, che investe brutalmente la politica”.

La Pastorale delle migrazioni della Diocesi di Trento invita a partecipare venerdì 24 aprile alle 17 nella chiesa di San Francesco Saverio a Trento a un momento di preghiera per i migranti che trovano la morte in mare mentre cercano sull’altra sponda del Mediterraneo di mettere in salvo le loro vite minacciate dalla guerra e della fame. Porterà la sua testimonianza la dottoressa eritrea Alganesh Fessaha.

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