Una sfida muscolare per vedere chi elimina chi è un esercizio irresponsabile
E’ allo scontro finale che mira la politica con l’impennata che si sta realizzando sull’ultimo percorso parlamentare della riforma elettorale? Questa è la domanda con cui si deve assolutamente fare i conti a fronte ad un irrigidirsi oltre misura di tutte le posizioni.
Per comprendere quanto la questione non stia nei termini in cui viene descritta ci permettiamo di rinviare ad un bellissimo articolo di Augusto Barbera sul Mulino on line (www.rivistailmulino.it) che descrive in maniera impeccabile perché tutto il chiasso sui guai dell’Italicum non ha alcun fondamento razionale. Barbera è un costituzionalista stimato e non è sospettabile di essere uno del “giglio magico”. In questo articolo è chiaramente dimostrato come la legge in discussione contenga più elementi positivi che elementi negativi e come non faccia presagire alcun pericolo per la democrazia. Dunque la questione è altra rispetto ad una preoccupazione di difesa di non si sa quale principio di coscienza.
Il braccio di ferro è, come si era già intuito, sul ruolo che Renzi può guadagnarsi in questo passaggio. E’ evidente che la nuova legge elettorale comporta un nuovo disegno della geografia del potere dentro e fuori i partiti ed è questo che molta parte della classe politica attuale non vuole e che Renzi vuole a tutti i costi. Naturalmente si potrebbe far osservare al premier che ogni ridisegno del sistema di potere non è che possa essere a priori garantire di arrivare agli approdi che si immagina chi lo disegna, ma questa è una saggezza politica che è rara.
Certamente invece non giova attardarsi a difendere una distribuzione dei consensi che ha esaurito le sue capacità: non lo diciamo noi, lo dicono la misura dell’astensionismo, la disaffezione dei giovani per una politica che non comprendono più (tanto che al massimo si rifugiano nelle utopie dei Cinque Stelle), la crisi che attanaglia il nostro sistema pubblico incapace di dare spazio ad un’etica condivisa che lo metta al riparo della corruzione delle nostre regole di convivenza.
In questo quadro la battaglia parlamentare che si va proponendo è surreale. Infatti ci si è cacciati in un vicolo cieco da cui si uscirà solo, presto o tardi, con un ricorso ad elezioni anticipate. Il problema infatti non è se Renzi sarà in grado di imporre la sua riforma col ricorso alla fiducia. Lo può fare. Ciò che preoccupa è l’ennesima guerra scorretta che si va preparando: infatti con la scelta “aventiniana”, cioè di abbandonare il campo gridando al colpo di stato strisciante, le opposizioni, sia quelle interne al PD sia quelle esterne, stanno promuovendo la delegittimazione del nostro equilibrio politico.
E’ un fenomeno che abbiamo già visto: sostenere che chi vince lo fa col trucco, e per questo giustificare il non riconoscimento della legittimità del vincitore. Significa riaprire quella specie di guerra civile fredda, quel dibattito fatto di presunta lotta fra angeli e demoni, che ha avvelenato e portato alla rovina la seconda repubblica.
Oggi per di più tutto questo accadrà in condizioni peggiori, perché siamo dentro una grande crisi internazionale, di cui il dramma delle migrazioni di popoli verso l’Europa è solo uno degli aspetti, per quanto tra i più drammatici. Come dimenticare il caos politico e militare che affligge troppi paesi, la sfida del terrorismo islamico, la crisi economica in Grecia, le tensioni nell’est europeo con la Russia ancora impegnata in una rischiosa politica di potenza? Come non riflettere sulla crisi dell’Unione Europea con elezioni complicate alle porte in Gran Bretagna e in Spagna , con una ricerca di leadership che vede una specie di contrapposizione fra paesi ricchi e paesi in difficoltà?
E’ in questo quadro che deve agire il nostro governo, il che non significa solo l’esecutivo guidato da Matteo Renzi, ma il complesso dei nostri poteri costituzionali. Una sfida muscolare per vedere chi elimina chi è un esercizio irresponsabile. Il fatto che la minoranza del PD si ritrovi sostenuta da tutte le opposizioni in questa operazione di delegittimazione del governo in carica, senza che peraltro nessuno sia in grado di mettere in campo una alternativa solida e credibile la dice lunga su come siamo ridotti.
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