A piccoli passi…

A livello di provvedimenti legislativi parlamentari ha preso il via l’inversione di tendenza anche sui tempi di prescrizione dei reati di corruzione. Il Senato si è occupato del reato di falso in bilancio e la Camera, pur con una maggioranza sfarfallata, ha varato la prima lettura della riforma che aumenta i tempi di prescrizione della corruzione. Per questo reato, basato su un patto di omertà tra due o più soggetti, l’arco di tempo massimo per svolgere il processo sale a 21 anni. I tempi di prescrizione potrebbero tuttavia portarsi al ribasso nella discussione per il voto in Senato. L’apertura del Guardasigilli Andrea Orlandi è giudicato come l’estremo tentativo del Pd di recuperare Ap (Ncd e l’Udc) che in aula si è astenuta. Nel frattempo al Senato è iniziato il dibattito sul ddl anticorruzione mentre il presidente dell’Autorità nazionale anti-corruzione, Raffaele Cantone ha illustrato con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan una direttiva congiunta che punta a favorire la massima trasparenza nell’operato delle società partecipate e controllate dal Tesoro, linee guida definite “anticorpi” per la corruttibilità.

Sono iniziative che rientrano nel complesso dell'opera riformatrice promossa dal governo Renzi che sta procedendo a piccoli passi, ma che sta procedendo, segnata dall'approvazione alla Camera delle variazioni costituzionali riguardanti, tra l'altro, il Senato e l'ordinamento regionale.

È in gestazione la legge elettorale con la quale dovrà rapportarsi il nuovo assetto istituzionale. Tutto questo avviene in maniera del tutto casuale circa la datazione e le agende dei lavori delle Camere e governativa, ci mancherebbe, all'indomani delle durissime prese di posizione contro questi mali, considerati particolarmente italiani, del Papa a Napoli e dei vescovi, tramite il loro presidente Angelo Bagnasco, riuniti per l'assemblea primaverile della Cei a Roma.

Francesco ha usato il termine rubare, estrapolandolo dal suo contesto abituale per trasferirlo nell’ambito della morale cristiana, comunque non lasciando alcun scampo ai soggetti dediti a simili azioni. Ha affermato infatti: “chi prende volontariamente la via del male ruba un pezzo di speranza, guadagna qualcosina, ma ruba speranza a sé stesso, agli altri, alla società”. E’ il benservito ai ladri in giornate di affanno per il susseguirsi di arresti, denunce e interrogatori su molti episodi di malaffare che hanno portato, tra l’altro, alle dimissioni del ministro Maurizio Lupi. Francesco definisce la corruzione una tentazione, uno scivolare verso gli affari facili, verso la delinquenza, verso i reati, verso lo sfruttamento delle persone. Difficile estraniarsi da essa – dice il Papa – perchè nel mondo ce n’è in grande quantità. E’ una parola brutta che “puzza” e un cristiano “che lascia entrare dentro di sé la corruzione non è cristiano”. Per Jorge Mario Bergoglio il cedere alle lusinghe di facili guadagni o di redditi disonesti significa lasciarsi rubare la speranza. E’ un permanere nel circolo vizioso della ladroneria, dunque, un campo che si allarga in tutte le direzioni. “Se noi chiudiamo la porta ai migranti, se noi togliamo il lavoro e la dignità alla gente, come si chiama? – chiede il Papa ad un giudice dando questa come sua risposta: “Si chiama corruzione”. L’eco della parole di Bergoglio a Napoli si colgono nella prolusione di Bagnasco laddove afferma che “esempi di corruzione ne emergono ogni giorno”. Come corpi in stato di decomposizione “ammorbano l’aria che si respira. Avvelenano la speranza e indeboliscono le forze morali”. Come via d’uscita – dicono Francesco e Bagnasco – “per il peccato esiste il perdono. Per la corruzione, no”. Questa ha bisogno di essere curata dal momento che infesta la politica, l’economia, la società e minaccia la stessa Chiesa. E’ frutto della crisi morale. Ad essa si contrappone l’impegno di persone singole e di istituzioni che hanno veramente a cuore il bene della gente e lavorano per il miglioramento della “casa comune”, nonché la “buona politica”, considerata da Francesco “una delle espressioni più alte della carità, del servizio, dell’amore”. Non c’è che da rallegrarsi che la questione morale, in tutte le sue molteplici articolazioni e manifestazioni sia tornata all’ordine del giorno della coscienza civile, politica e religiosa. C’è solo da sperare che se ne possano vedere al più presto i frutti nelle scelte politiche e nelle applicazioni legislative e amministrative dal momento che la disonestà – come afferma Bagnasco – rappresenta un danno comune e un’offesa gravissima per i poveri e gli onesti.

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