A Trentino inBlu Chesani spiega che il salto italiano dal 1974 non arrivava sul podio. “Ora mi attendono Mondiali e Olimpiadi”
La voce di Silvano Chesani, a poche ore dall'argento europeo, ci arriva ancora concitata dall'aeroporto di Praga. Cosa rappresenta questa medaglia?
Il coronamento di un sogno e soprattutto di tanto lavoro fatto in questi sei anni, da quando mi sono trasferito a Modena sotto la guida di Giuliano Corradi. E’ stato un lavoro lungo, seguito dal mio fisioterapista Maurizio Odorizzi, dopo l’infortunio dell’anno scorso: è stato bello riuscire a ripagare questi sacrifici con questa medaglia.
Più importante la medaglia o la misura raggiunta? 2,31 è in prospettiva un ottimo salto…
Nelle manifestazioni sono convinto sia più importante la medaglia. 2,31 è sicuramente un buon risultato ma una medaglia, un argento, dal salto in alto maschile in una competizione internazionale all’Italia mancava dal 1974.
Hai sfiorato il tuo personale, che è 2,33…
E’ la miglior prestazione dell’anno. Il 2,33 l’ho saltato nel 2013. Credo di essere a quei livelli, qualche centimetro in più ora come ora li valgo. Ma il salto in alto non è scientifico. Adesso mi aspetta una settimana di vacanza e poi si riprende a lavorare perché bisogna saltare ancora più in alto per puntare a conquistare qualcosa di buono anche ai mondiali di Pechino di quest’estate.
Che saranno outdoor. Questo argento è un titolo indoor. Può essere un buon riferimento?
Sì, nel salto in alto le condizioni non sono troppo differenti. Altre discipline sono più condizionate. Nel salto c’è l’influenza delle condizioni climatiche, ma per il resto cambia poco tra aperto o coperto.
Che misura senti di avere nelle gambe? Dove puoi arrivare?
Parlare prima non è mai saggio, sarebbe più facile sbilanciarsi dopo. Diciamo che 2,35 è una misura fattibile, che però deve ancora arrivare. Serve tanto lavoro e molto sacrificio per limare gli ultimi particolari.
Pechino prima, e poi Rio? C’è l’Olimpiade nel mirino, dopo l’amarezza della mancata partecipazione a Londra?
Sicuramente. È tutto un percorso che stiamo affrontando con il tecnico e la Federazione per arrivare il più preparati possibile a Rio, dove ci giocheremo le nostre carte. Sappiamo che è tutto più complicato in una Olimpiade, arrivare alle medaglie è difficile. Però è importante andare ad una manifestazione così sapendo di poter competere ad alto livello. Non sarà solo per la presenza. Un’olimpiade è sempre un’olimpiade, ovviamente. Ma se la vivi da protagonista si ricorda davvero per sempre.
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