Le indicazioni di Francesco al Movimento fondato da don Giussani: “E’ solo il diavolo che pietrifica”
Tenete vivo il fuoco del vostro incontro con la misericordia di Gesù e non pensate al carisma che condividete come a “un museo dei ricordi”. Sono due dei percorsi indicati da Papa Francesco ai membri di Comunione e Liberazione, incontrati in massa in Piazza San Pietro, sabato 7 marzo, a 60 anni dall'inizio del Movimento fondato da don Luigi Giussani. Un fuoco vigoroso da conservare con cura – ha ancora osservato – e non uno strato di cenere pietrificata. Papa Francesco ha parlato al popolo di CL per immagini per spiegare che un carisma, in quanto dono di Dio, è e sarà sempre un dono che produce vita, anche a distanza di anni, e mai un polveroso monumento alla memoria, sbiadito e inerte.
Si tratta di un carisma condiviso almeno da 80 mila persone aderenti al Movimento di CL, giunte da ogni parte del mondo che hanno dato colore ad una mattinata tutt'ora carente dei colori della primavera, piuttosto uggiosa.
Francesco prima di parlare alla folla ha voluto fare in papamobile un lungo giro tra la Piazza e Via della Conciliazione, confidando, sin dalle prime battute del suo discorso, il “bene” che don Giussani ha fatto anche alla sua persona e al suo sacerdozio per quel suo insistere sull'esperienza dell'”incontro”, “non con un'idea, ma con una Persona”, con “la carezza della misericordia di Gesù”. “La morale cristiana non è lo sforzo titanico, volontaristico, di chi decide di essere coerente e ci riesce, una sorta di sfida solitaria di fronte al mondo. No. Questa non è la morale cristiana – ha rimarcato – è un’altra cosa questa. La morale cristiana è risposta, e la risposta commossa di fronte a una misericordia sorprendente, imprevedibile, addirittura 'ingiusta' secondo i criteri umani, di Uno che mi conosce, conosce i miei tradimenti e mi vuole bene lo stesso, mi stima, mi abbraccia, mi chiama di nuovo, spera in me, attende da me”.
Francesco ha puntato più volte l'attenzione sull'essenza di un carisma che 60 anni fa accese in don Giussani “l'urgenza” di ”ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo”, creando così un corpo ecclesiale innervato dal Vangelo, ribadendo così che il centro non è il carisma, ma Gesù Cristo. Francesco ha aggiunto che il carisma “non si conserva in una bottiglia di acqua distillata” e che fedeltà al carisma “non vuol dire 'pietrificarlo” dal momento che “è solo il diavolo quello che è pietrifica”. Per i nostalgici ha parlato di un'”eredita” del fondatore che “non può ridursi a un museo di ricordi, di decisioni prese, di norme di condotta”. “Don Giussani non vi perdonerebbe mai che perdeste la libertà e vi trasformaste in guide da museo o adoratori di ceneri”.
“Tenete vivo – questa la raccomandazione – il fuoco della memoria di quel primo incontro e siate liberi”. Dalla libertà infatti nascono “braccia, mani e piedi”, mente e cuori a servizio “di una Chiesa in 'uscita'” scacciando l'autoreferenzialità, in tutte le sue forme perché “uscire significa saper ascoltare chi non è come noi, imparando da tutti con umiltà sincera”. “Quando siamo schiavi dell'autoreferenzialità finiamo per coltivare una 'spiritualità di etichetta'” cadendo in “mille trappole” tra le quali il “guardarsi allo specchio che ci porta a disorientarci e a trasformarci in meri impresari di Ong”. Commentando le parole del Papa, don Juliàn Carròn, presidente della Fraternità di CL ha dichiarato: “Oggi abbiamo sperimentato cos'è la carezza della misericordia di Gesù. Il modo in cui il Papa ci ha abbracciati lo porteremo per sempre nei nostri occhi”.
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