La Serva di Dio Maria Domenica Lazzeri, detta popolarmente "la Meneghina" e conosciuta come “l'Addolorata di Capriana” nacque a Capriana (Trento) il 16 marzo 1815, giovedì di Passione, allora vigilia della festa della Madonna Addolorata. La sua vita si svolse inizialmente nel tipico contesto di povertà e fede di un paese del Trentino del XIX secolo. Poi la morte del padre e altri eventi drammatici la debilitarono fisicamente finché a 18 anni si mise a letto per non alzarsi più senza prendere cibo, né bevanda, né sonno. Durante la Quaresima dell'anno 1835 incominciarono a manifestarsi nel suo corpo i segni della passione del Signore, le sacre stimmate.
Nessuno può descrivere in modo più autorevole e documentato lo stato di Domenica Lazzeri, come leggiamo in una lettera dell’11 dicembre 1842, che il Vescovo di Trento il Beato Giovanni Nepomuceno de Tschiderer (1834 – 1860) indirizzò al barone Giuseppe de Giovanelli di Bolzano. Eccone la commovente testimonianza:
“Questa ammirabile giovanetta, in mezzo alle sue sofferenze è sempre sotto il tetto paterno, che non ha mai lasciato, dopo che in lei si videro comparire le manifestazioni che fecero stupire gli abitanti del suo paese e anche quelli dell’estero… Costretta da dolori più o meno violenti a rimanere a letto per più di otto anni, ella sopporta la sua penosa esistenza non solamente con la pazienza e la rassegnazione cristiana, ma ancora con grande gioia…Tutti coloro che si avvicinano al suo letto di dolore si sentono penetrati da compassione e rimangono edificati. Noi abbiamo visto pochi giorni or sono il suo direttore spirituale il reverendo Paolo Depaoli, sacerdote pio e prudente, il quale ci assicurò che la pia giovane è sempre nel medesimo stato di sofferenza; che ogni venerdì e ogni altro giorno ancora le ferite del capo, il cui numero è di circa cinquanta, e così quelle delle mani, dei piedi e del costato spandono un sangue caldo e non sempre in eguale quantità…Egli ha aggiunto che Domenica Lazzeri merita di essere ammirata per la sua profonda umiltà, per la sua pazienza e rassegnazione; che, in mezzo ai suoi incessanti dolori, ad ogni istante innalza a Dio il suo cuore ardente di gioia e di amore; che vede appressarsi col più vivo piacere il giorno in cui può ricevere il Pane eucaristico, portatole una volta alla settimana.”
Maria Domenica Lazzeri morì la mattina del 4 aprile 1848, all'età di 33 anni, come il suo Signore Gesù crocifisso, e venne sepolta nel cimitero di Capriana. Dall’anno 2000, in occasione della chiusura del processo diocesano in vista della Beatificazione, le sue spoglie riposano nella chiesa parrocchiale di San Bartolomeo in Capriana.
Nella vita di Maria Domenica noi possiamo riconoscere il compimento delle parole con cui San Paolo descrive la sua esistenza di apostolo: “Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1, 24). Parole che danno senso e valore anche oggi all’impegno a diffondere il culto della “Meneghina”. L’iter della causa di Beatificazione è a Roma ormai dal 2000, ma è quanto mai necessario che in diocesi essa sia conosciuta, amata e invocata. La fama di santità, la venerazione e anche l’intercessione per qualche segno miracoloso sono indispensabili perché il processo giunga a buon fine.
In questo senso va riconosciuto il lavoro fatto dall’Associazione “Amici della Meneghina”. Un gruppo di volontari che da anni con generosità e caparbietà lavora alacremente per portare avanti la Causa di Beatificazione mediante tutti i mezzi possibili. La preghiera mensile, la stampa di immaginette e di libri, l’acquisizione e il restauro degli ambienti dove la Meneghina ha vissuto e lavorato, in particolare lo splendido e interessante mulino (restaurato anche grazie all’opera dell’indimenticabile Presidente dell’Associazione Avv. Armando Paris), come pure la realizzazione di una statua, convegni e incontri, manifestazioni e celebrazioni: tutto questo perché in Maria Domenica Lazzeri venga riconosciuta quella santità che era di casa in tante povere famiglie dei nostri paesi, in tante comunità delle nostre valli trentine.
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