Donne in vendita

“Donne libere per liberare l'umanità”: questo il titolo dell'incontro che il CIF (Centro Italiano Femminile) organizza per la Giornata internazionale della donna (e in scia alla Giornata internazionale contro la tratta di persone dello scorso 8 febbraio). In collaborazione con il Tavolo diocesano “Spezzare le catene”, l'incontro, che si terrà a Trento domenica 8 marzo alle 16 in via del Suffragio 63, sarà centrato sulla figura di “Bakhita. Una santa che scioglie le nostre catene”. A ricordarla sarà sr. Maria Carla Frison, canossiana di Schio. Prima di entrare nel 1890 nella Congregazione delle Figlie della Carità, la religiosa sudanese (che morì a Schio nel 1947) visse sulla propria pelle l'esperienza della tratta e della schiavitù.

Sul tema della tratta delle schiave, pubblichiamo la documentazione raccolta da suor Eugenia Bonetti e presentata in una recente relazione all'Usmi.

La prostituzione non è un fenomeno nuovo, ma ciò che è nuovo è che questo commercio globale sfrutta l’estrema povertà e vulnerabilità di molte donne e minorenni immigrate: le schiave del XXI secolo. Ingannate, schiavizzate e gettate sui nostri marciapiedi o in locali notturni, “le prostitute” sono l’ennesimo esempio della ingiusta discriminazione imposta alle donne dalla nostra società del consumismo da cui nessuno di noi è escluso.

È difficile quantificare le donne trafficate. Secondo l’ultimo report di “Save the Children” emanato il 22 agosto 2008 si dice che in tutto il mondo siano circa 2,7 milioni le vittime della tratta di esseri umani, di cui l’80% è costituito da donne e bambini. Un affare che, secondo le Nazioni Unite, smuove 32 miliardi di dollari l’anno. In un altro report dell’ONU si parla di quattro milioni di donne trafficate da una nazione all’altra, oppure spostate all’interno della stessa nazione. Solo in Europa, secondo l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, circolano o transitano ogni anno per lo stesso motivo 500.000 donne e minori. Anche l’Italia ha la sua percentuale di vittime. Attualmente, si considera che siano tra le 50 e 70 mila le donne, provenienti dall'Africa Orientale, dall’America Latina e dall’Europa dell’Est, che vivono e lavorano sulle nostre strade, oppure nei locali notturni. Di queste, il 30 – 40% sono minori, tra i 14 e 18 anni di età. Poiché si trovano in Italia senza documenti – sottratti dagli sfruttatori —, e quindi clandestine, è difficile ottenere statistiche precise sul loro numero.

Esiste un’accurata organizzazione di trafficanti, di stampo mafioso, uomini e donne, che prendono contatto con queste vittime nel loro paese d’origine, dove le famiglie sono povere e numerose e i giovani senza speranza. Sfruttando la situazione economica-sociale i nuovi schiavisti ingannano queste donne e le loro famiglie promettendo un lavoro redditizio. Poi, come del resto avviene per tutte le vittime di organizzazioni criminali, le donne sono introdotte in Italia clandestinamente in vari modi, grazie anche alla corruzione e complicità di dipendenti e funzionari di ambasciate, ufficio immigrazione, aeroporti, agenzie di viaggio, proprietari di appartamenti, alberghi e tassisti. I guadagni sono ingenti, il rischio è limitato e la mala vita prospera distruggendo la vita di tante donne e minori.

Una volta giunte in Italia, oltre a vivere in piena sottomissione ai trafficanti ed alle maman (donne Nigeriane che quasi sempre sono passate da sfruttate a sfruttatrici) e nella più assoluta clandestinità, queste donne sperimentano tutti i rischi della strada quali maltrattamenti e abusi, incidenti stradali ed uccisione. Sono ormai centinaia le ragazze che ogni anno subiscono il loro martirio sulle nostre strade da parte di clienti, di maniaci o degli stessi trafficanti per una resa dei conti. E chi può contare il numero di tante giovani morte durante i faticosi viaggi, via terra o via mare? Il deserto e il mare sono diventati i nuovi cimiteri di tante vittime di questa schiavitù.

Attualmente sul mercato del sesso vi è molta competitività a causa di una grande richiesta; per una normale prestazione consumata in macchina le africane chiedono un compenso di €10—15, le ragazze dell’Est non meno di €25. Per saldare il debito, di 50 – 60 – 70.000 euro a contratto, a sua insaputa, con i nuovi negrieri, la ragazza africana deve sottoporsi a non meno di 4.000 prestazioni sessuali. Oltre al debito iniziale essa deve pagare le spese mensili: €100 per il vitto, €250 per l’alloggio, €250 per 1a postazione di lavoro, oltre al vestiario, trasporto e necessità personali.

Se ci sono tante “prostitute” sulle nostre strade, costrette a vendere il proprio corpo, è perché vi è – come si diceva – una grande richiesta. E la donna povera, indifesa, senza documenti e senza patria è diventata la risposta a questa domanda. I clienti sono normalmente persone tra i 18 e i 65-70 anni, di tutti i ceti e condizioni sociali, che regolarmente usano ed abusano di queste schiave della strada. Il 70% sono persone sposate oppure conviventi. Purtroppo, poco si conosce e si parla di chi, ogni notte, cerca la “prostituta”, la usa e poi la butta, come spazzatura, o come, oggigiorno, la nostra società del consumo propone: “usa e getta”. Questo fenomeno, più che essere considerato un problema femminile, dovrebbe essere affrontato come un serio problema maschile.

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