Il terrore Isis

In Siria conquista due villaggi assiri, in Libia semina morte

L'Isis avanza. In Siria – secondo la notizia confermata dall' archimandrita Emanuel Youkhana del Capni – ha conquistato due villaggi cristiani assiri nella regione di Khabour, al confine con l'Iraq. Decine di famiglie sono state fatte prigioniere, un numero imprecisato di giovani in ostaggio dei miliziani sunniti. Devastate e bruciate anche le chiese, in una zona di 35 villaggi abitati da cristiani. Circa 600 famiglie sono riuscite a fuggire.

In Libia lo Stato islamico è arrivato a conquistare Sirte e gran parte di Misurata. Il temuto sviluppo della crisi libica era ampiamente prevedibile dopo l'intervento militare contro Gheddafi voluto da Sarkozy e Cameron, con l'obiettivo di controbilanciare il peso della Germania sulla scena europea e di sottrarre all'influenza dell'Italia i giacimenti libici di petrolio e gas.

Nei giorni scorsi gli italiani hanno abbandonato in tutta fretta il Paese, la situazione precipita di giorno in giorno anche a causa dell'attendismo nelle scelte di Onu e Ue. Da tre anni davanti alle coste della Sicilia, il territorio libico vede le istituzioni statali sfaldate e ingovernabili: si combattono molte fazioni armate incapaci di raggiungere accordi duraturi. E oggi l'Isis si presenta come protagonista potente e determinato nel voler colmare il vuoto. Coltiva un progetto di espansione che va da Casablanca all'Iran, nemico dichiarato dell'Italia, ma anche di tutto l'Occidente e degli Usa. Sa usare con perizia una combinazione di guerriglia e terrorismo, di tattiche belliche antiche come la storia dell'uomo e di strumenti tecnologici molto avanzati. Si muove con un'esibizione di mezzi militari, armi pesanti e leggere, abbigliamento e simboli araldici nuovi di zecca, facendo leva sugli strumenti mediatici per la propaganda e la pubblicizzazione di azioni aberranti.

E gli Stati europei? C'è chi ha provato a sparare, come l'Egitto, che può vincere una battaglia, ma non la guerra. L'Isis, se non con minacce di terrorismo, non è ancora in grado di occuparsi direttamente dell'Italia. Ha tutto da guadagnare dal punto di vista strategico-militare e economico grazie alla vendita di petrolio attraverso la committenza non ufficiale, se riuscirà a consolidare il proprio dominio in Libia.

Sono subito rientrate le dichiarazioni impegnative dei ministri Gentiloni e Pinotti mentre si cercano alleanze con altri Stati arabi. Se l'Italia decide di entrare in guerra gli integralisti islamici minacciano che il Mediterraneo “si colorerà del sangue degli italiani”. Un missionario in Cirenaica invoca l'aiuto dell'Europa denunciando che ormai non c'è corrente, carburante e beni di prima necessità. Fra quanti frequentano la chiesa cattolica, inclusi copti egiziani, comune è la volontà di andarsene. “Il dialogo – dichiara padre Borkowski – di sicuro risolverebbe molti problemi, ma come farlo con chi non vuole parlare, ma usa solo le armi?”. Con un messaggio i capi delle Chiese di Gerusalemme hanno espresso “dolore e sincera solidarietà” al capo della Chiesa copta in Egitto, il patriarca Tawadors II, dopo la notizia dell'uccisione di 21 “nostri fratelli copti martirizzati” in Libia. L'imam di Al Azhar, massima istituzione dell'Islam sunnita, ha invocato l'unità fra musulmani, legando l'estremismo ad errate interpretazioni del Corano, ed ha esortato a un ripensamento dell'insegnamento religioso. Di fronte al nuovo sconcertante video con ostaggi incatenati all'interno di gabbie e al fotomontaggio di un combattente armato davanti al Colosseo sulla sommità del quale sventola la bandiera nera del califfato, è intervenuta anche Federica Mogherini, rappresentante della Politica estera della Ue, per riaffermare che la diplomazia deve agire entro giorni.

Ma c'è anche chi cerca di far prevalere le buone notizie: “La fede non è credere in un'ideologia. Anche Isis ha una ideologia, ma credere vuol dire amare e amare vuol dire vivere”, ha detto in un'intervista a Zenit mons. Louis Raphael Sako, patriarca caldeo di Bagdad: “il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”, aggiunge e molte delle conseguenze che si registrano sono originate dal vuoto di valori religiosi, dal prevalere di una cultura dell'individualismo, del piacere, del denaro che non soddisfa. “E' il vuoto di senso di una società che ha reso incerto il cammino di riconoscimento della propria identità”. Mons. Sako spiega poi che nell'Islam anche la religione è politicizzata, i miliziani non comprendono il pluralismo e pensano che gli altri hanno falsificato la religione. La dimensione della sofferenza a Bagdad ha avvicinato islam e cristianesimo, due religioni che devono riproporre, “aggiornare” i loro messaggi, dando un senso e una speranza nuova alla vita umana”. L'Italia a detta del patriarca Caldeo di Bagdad deve essere attenta a non fare la guerra per non svegliare “i più pericolosi gruppi fondamentalisti dormienti”.

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