Visintainer, la gioia del “noi ecclesiale”

Negli ultimi mesi segnati dalla malattia mons. Severino Visintainer esprimeva spesso la gratitudine al Signore per la vita che gli ha donato e per le persone incontrate: “L'eredità più bella da lasciare in dote agli uomini è proprio il non appartenere a se stessi, è riconoscere che la nostra vita viene da un Altro” ha commentato mons. Lauro Tisi nell'omelia funebre per l'ex vicario generale della diocesi (dal 1975 al 1995), interpretando l'apprezzamento dei numerosi confratelli e discepoli – oltre un centinaio presenti in Duomo giovedì scorso – e di tanti laici.

“Don Severino era contento di questa sua Chiesa, era orgoglioso delle sue comunità, riconosceva il bene che le abita, la luce che le attraversae, perché gli stava a cuore tutto il corpo ecclesiale”, ha proseguito mons. Tisi evidenziando questa passione per il “noi” ecclesiale in cui si manifesta una maturità di fede: “Stare dentro il 'Noi' ecclesiale, accettarne le fatiche e le contraddizioni, è un passaggio obbligato per potersi definire discepoli del Signore”. Quest'attenzione è testimoniata dai suoi ultimi anni di pastore nelle piccole parrocchie della val di Non, ma prima ancora dalla partecipazione al cammino dell'Azione cattolica e di altri gruppi laicali. Come docente di morale e di pastorale era guidato non da un'adesione fredda alle norme, ma “dalla bellezza e dalla forza dell'etica cristiana” che si confronta con la coscienza e le sfide dei tempi moderni. Di qui la sua passione per la dimensione familiare (è stato fra i fondatori del Consultorio UCIPEM e dei corsi per fidanzati), ma anche per le vicende della politica e dell'economia (come delegato per la pastorale sociale), nelle quali interveniva con considerazioni profonde col suo stile schietto e autorevole, ma anche con la sua capacità di mediazione. “Vai, don Severino, nella festa di Dio, che è stato la grande gioia della tua vita; ora canterai con Lui la misericordia che non ha fine”. E la preghiera dei fedeli è stata un esemplare raccolto dei vari motivi d'impegno generoso che hanno ispirato la vita di “don Seve”, come lo chiamavano gli amici più stretti.

Anche l'Arcivescovo Luigi Bressan, al termine della celebrazione (rinnovatasi poi nel pomeriggio a Romeno, vedi pag. 27), aveva estratto dalla corrispondenza personale alcune significative frasi di Visintainer, espressive del suo timor di Dio e del suo servizio alla Chiesa. Aveva manifestato anche preoccupazioni per il calo delle vocazioni, trasformandole in invocazione al Padre.

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