Cari fedeli del Trentino,
anche quest’anno, così ricco di proposte, ci è offerta la possibilità di vivere la Quaresima, un tempo forte per imparare a introdurci più intensamente nell’evento cristiano e attualizzarlo nel quotidiano. Infatti, la Quaresima ha una caratteristica catecumenale, che ci permette – accanto a una quindicina di adulti che in diocesi si preparano al battesimo – di rivedere anche noi i fondamenti della fede, il rapporto con Cristo, la risposta da dare a Lui nelle relazioni con il prossimo.
1. Quaresima di conversione
Se questo è vero, la conseguenza inevitabile è che la Quaresima comporta un impegno più profondo di carità, anzi di rinnovo ed estensione della propria impostazione altruistica di vita. Avviene come per la riforma della catechesi: da semplice scuola di apprendimento di verità è in atto in tutta Italia un cammino verso la “iniziazione alla vita cristiana”. Non si tratta soltanto di un cambio di termini, ma di una ben diversa impostazione di fondo e di percorso: per comprendere la bellezza del dono propostoci in Gesù Cristo nei suoi aspetti conoscitivi come pure in quelli coinvolgenti nel suo amore per la sorte degli uomini. Si dovranno apprendere le nozioni basilari del cristianesimo, saper dialogare con il Signore, entrare in una comunità, vivere la carità, poiché l’uomo nuovo proposto da Cristo è amore per gli altri. Su questa novità, che resta costantemente sorprendente, s’imposta anche il prossimo Convegno ecclesiale nazionale, che avrà luogo a Firenze in novembre.
Esso si situa nel contesto di un decennio rivolto a sottolineare la necessità di saperci educare e formare in spirito di servizio. C’è bisogno anche oggi di conversione e rinnovamento. Quando ci guardiamo attorno, vediamo troppo egoismo, sia nei cuori degli uomini sia nelle strutture sociali: al riguardo, papa Francesco parla di una globalizzazione dell’indifferenza. Ne sperimentiamo l’evidenza: tante vite soppresse o schiavizzate; non c’è coscienza del bene comune e del limite che la natura stessa e la socializzazione comportano per i desideri individuali; il rispetto per le proprietà altrui e soprattutto pubbliche è scarso; la difesa dei privilegi acquisiti è costante; i giovani vengono posti ai margini; l’educazione trascurata; l’atteggiamento verso infermi, disabili, anziani rischia di seguire la cultura dello “scarto”; si trovano risorse per le armi e non per la promozione sociale. Certamente si sono sviluppate forme varie di volontariato e di associazionismo positivo, sono state prese molte misure di sostegno sociale, ma si calcola che il 10% della popolazione italiana vive ancora in stato di estrema povertà, per non parlare poi del resto del mondo. La coscienza che non siamo soli e che un Dio ci ama e nello stesso tempo ci affida una missione è penetrata ben poco nella nostra cultura o vi è stata estromessa; l’etica è stata ridotta all’osservanza di leggi civili spesso confuse e la visione della vita impoverita all’arco dei decenni trascorsi in terra. La chiamata alla santità appare un termine alto-medievale e le vocazioni alla vita religiosa e al ministero sacerdotale sono considerate scelte da proporre ai poveri, ma non alla società occidentale. Le famiglie si disgregano con enormi sofferenze per tutti e un grave peso per la società; oppure si vive insieme senza un progetto di stabilità. La violenza si diffonde, nonostante anni di iniziative per la pace; le tensioni culminano in diatribe manesche perfino nelle aule parlamentari.
Si potrebbe proseguire l’elenco, ma esso ci dice che la lotta per il bene non è terminata e la Quaresima deve farci risvegliare, poiché spetta all’uomo lasciarsi andare o reagire, seguire quanti (pochi o tanti) sono impegnati per il bene o lasciar spazio al trionfo del male nel proprio cuore e attorno a noi. La Quaresima ci è data per prendere coscienza che siamo peccatori anche noi, che abbiamo bisogno di conversione e del sacramento della penitenza, che vi sono lacune nel nostro impegno, grettezze, “peccati in pensieri, parole, opere e omissioni”. Solo se siamo umili, cioè veritieri con noi stessi, Dio trova lo spazio per salvarci.
Allora, una più diffusa frequentazione con la Sacra Scrittura, accompagnata da una più intensa preghiera, la rinuncia a qualcosa, la dedizione di più tempo e di almeno di qualche dono per gli altri porteranno una ventata di aria fresca per elevare noi e, attraverso di noi, la società tutta fino all’incontro con Colui che è la via, la verità e la vita. La Quaresima, infatti, non conduce alla tristezza ma alla risurrezione e a lasciarci avvolgere dall’abbraccio di Dio che è ricco in misericordia. Su questo tema, che riprende una frase di san Paolo agli Efesini (cap. 2,4) saranno organizzate anche quest’anno, dietro istanza del Papa, le “24 ore per il Signore”. Il nostro Duomo resterà aperto in continuità dalle 19.00 del venerdì 13 e alle 19.00 del sabato 14 marzo prossimo, per la preghiera di supplica, l’adorazione di lode, confessioni. Le singole parrocchie sono invitate ad associarsi localmente con modalità proprie. Per la preghiera in famiglia è stato poi predisposto con la Diocesi di Bolzano-Bressanone il sussidio “Periferie, cuore della missione”, che raccomando vivamente,
2. Cinquantesimo del Concilio Vaticano II
Quest’anno ricorre il cinquantesimo dalla conclusione del grande evento che ha marcato il 20° secolo, il Concilio Vaticano II, che tra il 1962 e il 1965 vide riuniti a Roma ben 2300 Padri conciliari. A molti anche sacerdoti sembrerà un evento lontano nella storia, ma ha ancora da produrre tutti i suoi frutti. Per chi lo ha seguito da seminarista e giovane prete resta indimenticabile. Vi furono la sorpresa dell’annuncio, la speranza con papa Giovanni XXIII di una nuova Pentecoste, l’attenzione ai dibattiti e ai risultati (soprattutto attraverso la rivista “Il Regno”), la gioia di vedere aspetti nuovi della verità e dell’impostazione pastorale, una partecipazione diffusa anche del largo pubblico agli eventi. Veramente per noi giovani preti c’era già parecchio da fare: l’insegnamento della religione a scuola, l’oratorio, i gruppi parrocchiali, i campeggi, le conferenze, il carnevale con i ragazzi; la gioventù aveva il primato. Ma ricordo che, ad esempio, nel febbraio 1966 fu organizzata nella nostra parrocchia una mostra sui vari documenti dell’assise ecumenica.
Fummo, quindi, coinvolti nella riforma liturgica voluta dal Concilio: rivedere i riti, trovare canti in italiano, organizzare le celebrazioni nella lingua del popolo. In Diocesi di Trento avvenne senza drammi e divisioni, talora semmai con qualche accentuazione affrettata. Certamente fu più facile togliere ciò che era tradizionale e un po’ stantio che costruire il nuovo. Il messaggio conciliare andava ben oltre: segnava il passaggio dello Spirito Santo nella vita della chiesa; raccoglieva istanze che venivamo dal movimento biblico, patristico, ecumenico, catechistico, missionario, liturgico, ma che fino allora erano patrimonio di ben pochi. Penetrò nella vita quotidiana un po’ alla volta: la Chiesa come comunione fraterna e gerarchica, la chiamata alla santità e alla missione per tutti, la corresponsabilità, l’apertura ai laici, la sinodalità, la simpatia per il mondo, il servizio al regno di Dio, lo spirito ecumenico, il superamento dell'antisemitismo, il dialogo inter-religioso… Pensiamo ai frutti del Sinodo diocesano, alle liturgie partecipate come culmine e fonte, ai consigli diocesani e a quelli parrocchiali. Ci sono stati anche capovolgimenti culturali, sociali, politici, non previsti nemmeno dalla lungimiranza del Concilio e se molti ne sono stati travolti, le basi per affrontare tali sfide pur c’erano. Non è certamente nel ritorno al passato o nel recriminare su qualche errore da noi commesso che porteremo ora uno sviluppo positivo.
Sono stati cinquant’anni intensi, con quattro Papi e situazioni politiche, culturali, economiche ben diverse nel mondo intero. Tuttavia, il Concilio Vaticano II non ha esaurito il suo messaggio. Ce lo affidano i due Papi promotori dello stesso – il santo Giovanni XXIII e il beato Paolo VI – ma anche il santo Giovanni Paolo II, il quale diceva: “Quanta ricchezza negli Orientamenti del Concilio Vaticano II. A mano a mano che passano gli anni, questi testi non perdono il loro valore né il loro smalto” (NMI, nr. 57). A sua volta, Benedetto XVI dichiarò: “Nell’accingermi al servizio che è proprio del Successore di Pietro, voglio affermare con forza la decisa volontà di proseguire nell’impegno di attuazione del Concilio Vaticano II” (20.IV.2005). E così papa Francesco che ci interroga: “Il Concilio Vaticano II è stato un’opera bella dello Spirito Santo… ma dopo cinquant’anni abbiamo fatto tutto quello che ci ha detto lo Spirito Santo nel Concilio?” (17.IV.2013).
Insieme con i Papi, milioni di cristiani, persone di vita consacrate, partecipi di parrocchie e movimenti ecclesiali, di associazioni e di organismi, presbiteri, diaconi e vescovi hanno vissuto gli orientamenti del Concilio perché il mondo intero conoscesse l’amore di Dio in Gesù Cristo. Qualcuno ha detto che siamo soltanto all’aurora oppure a metà strada. Il primo atto di coerenza sarà quello di confrontarci, in Quaresima e durante questo Cinquantesimo, con gli stessi documenti conciliari e con la mediazione che ci giunge dal Catechismo della Chiesa Cattolica. E’ un confronto che ci riporta alla Sacra Scrittura, tanto raccomandata appunto dai Padri conciliari.
3. Quaresima di fraternità
Se l’aspetto formativo è basilare per assumere un retto orientamento nella vita, la risposta all’amore di Dio per noi deve farsi poi concreta. Ad essa ci esorta papa Francesco che anche quest’anno con un Messaggio che ci aiuta a cogliere la grazia della Quaresima, definita dalla liturgia “segno sacramentale della nostra conversione” (cfr. Colletta della 1° Dom.). In verità, nota il Papa, “l’indifferenza verso il prossimo e verso Dio è una reale tentazione anche per noi cristiani. Abbiamo perciò bisogno di sentire in ogni Quaresima il grido dei profeti che alzano la voce e ci svegliano”. Sarà allora più dinamico il nostro approccio nella società, ma anche maggiore il senso gratificante dell’esistenza, perché risponde a un amore che ci precede e attua una missione. Il Signore non è venuto, infatti, a portare tristezza ma gioia. Promuovendo una cittadinanza solidale, che sappia includere i poveri e tutti gli emarginati, realizziamo qualità di vita e quindi felicità.
“La Quaresima è tempo propizio per lasciarci servire da Cristo e così diventare come Lui”, dice ancora il Papa. Sono parole forti, incisive, sorprendenti perché ricordano quanto abbiamo da ricevere noi stessi dal Salvatore, quanto sia ammirabile l’amore di Cristo che contempleremo soprattutto nel mistero pasquale, quanto ci rimanga ancora da avanzare per attuare in noi e attorno a noi il Suo regno. Pellegrini sulla terra facciamo parte di un popolo in cammino, chiamati a sostenerci a vicenda; però anche a varcare la soglia del gruppo di “aderenti” per porci in relazione con la società, con i poveri, con i “lontani”. Servizio sociale ed evangelizzazione nascono dalla medesima fonte: l’amore che Dio ci ispira! A noi resta da scoprirlo perché zampilli in acqua fresca per noi e per gli altri. Soprattutto in questa Quaresima le nostre famiglie e le nostre parrocchie diventino per l’interessamento di ciascuno “isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza”!
Infine, conclude il Papa, il gesto altruistico non è sufficiente, poiché è il cuore di ciascuno e della comunità che deve essere adeguato alla vocazione cristiana, resistendo “alla tentazione diabolica che ci fa credere di potere salvarci e salvare da soli”, ma anche a quella di considerare la nostra azione soltanto in senso orizzontale. Più volte il Papa ha messo in guardia dal considerare l’impegno della Chiesa per i poveri come quello di una semplice ONG e nel messaggio della Quaresima di quest’anno ritorna più volte sul tema della preghiera, della trascendenza, del rapporto con Dio, della nostra fragilità personale. Oltre che nel rapporto diretto possiamo e dobbiamo prestare aiuto tramite gli organismi di carità della Chiesa. In merito ritengo che dobbiamo pensare al Centro Missionario Diocesano per il sostegno dei missionari e alle Caritas parrocchiali o dell’Unità Pastorale. Per ognuno poi, dice il Papa, rimane primaria la preghiera: “Rendi, o Signore, il nostro cuore simile al Tuo!”. Allora, conclude il Papa, “avremo un cuore forte e misericordioso, vigile e generoso, che non si lascia chiudere in se stesso e non cade nella vertigine della globalizzazione dell’indifferenza”.
Buon cammino di Quaresima a tutti voi!
+ Luigi Bressan, Arcivescovo
Trento, 17 febbraio 2015
Mercoledì delle ceneri
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