È rimasta colpita dal nostro pessimismo, dalle nostre chiusure, dalla nostra “pretesa di voler controllare tutto, di risolvere tutto nell’oggi, qui e con noi”. Sorseggiamo una tazza di caffè, come a Waslala, “più lungo e leggero di quello italiano”, un’abitudine da cui lei e il marito Gerald non hanno voluto staccarsi. Partì per il Nicaragua appena laureata in “Scienze dell’educazione” e non pensava che sarebbe rimasta così a lungo. Da allora tante cose sono cambiate. “All’aeroporto di Roma la poliziotta che controllava i visti ha chiesto se eravamo venuti per le vacanze”, racconta Silvia. “Saputo che si trattava di un rientro definitivo, ha aggiunto: ‘In Italia proprio adesso, con questo clima?’”. La decisione di venire a vivere a Rovereto è stata determinata in gran parte dai figli, quattro bellissimi bambini: Niage, 8 anni, frequenta la terza elementare; Noa, 6 anni, va in prima elementare; Zoe, tre anni, alla materna; e la piccola Itziar, di dieci mesi.
“A Waslala non c’erano per loro grandi opportunità di studio, inoltre temevo il clima di violenza del paese, dove i bambini passano gran parte del tempo in strada e dove molte adolescenti rimangono incinte”. Silvia e Gerald hanno capito che nemmeno qui la situazione è tanto rosea. “Pensavamo di trovare un lavoro più in fretta, stiamo ancora cercando”, ammette la missionaria. “Però è anche vero che i miei figli hanno visto qui il primo parco giochi, la prima biblioteca e le prime strutture sportive, dobbiamo saper cogliere i lati positivi, se tutti si fanno avvolgere dal pessimismo, chi ricostruirà questa povera Italia?”.
Qualcuno reagisce con “disappunto” al numero dei figli, ma Silvia e Gerald non si spaventano. “È proprio nei momenti difficili che si vede la solidarietà, la famiglia per me è stata sempre importante”, aggiunge lei. Parenti ed amici hanno raccolto abiti pesanti per vestire i piccoli, giunti dall’America centrale con una maglietta leggera. Si tratta – per Silvia – di una questione educativa, appresa dalla famiglia d’origine dove comunque non le è mancato mai nulla. Ma davanti alle vetrine dei negozi, conclude Silvia, ci hanno abituato a domandarci: “Quella cosa mi serve veramente o ne ho solo voglia?”.
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