Colloqui fiume per cercare una tregua dopo quella fallita del settembre scorso
Vive in apprensione la comunità di Ucraini che hanno scelto il Trentino come patria adottiva. La tragedia della guerra, costantemente aggiornata dai media, trova impietosi riscontri nelle numerose testimonianze da parte di esuli che chiedono aiuto e spesso anche ospitalità presso parenti ed amici emigrati in Trentino.
La comunità ucraina che si è stabilita in provincia, conta circa 2.500 persone riunite in associazione, denominata “Rasom”, presieduta da Lesja Vozna, peraltro molto attiva nell'organizzazione di eventi in occasione di particolari ricorrenze nazionali e religiose, ma anche di incontri e iniziative culturali, dalla musica, al teatro, alla catechesi.
Nei giorni scorsi si è svolto, in una delle sale del Seminario in Corso 3 Novembre a Trento, un incontro con una quindicina di civili, fuggiti dalle zone dove si combatte una “guerra tra cristiani”, come è stata definita da Papa Francesco. Un numero infinitesimale rispetto al milione in fuga, sfollati interni, fuggiti dai combattimenti fra forze governative e insorti nella regione orientale di Donetsk in Ucraina. Nei loro occhi la paura palpabile per quanto visto e vissuto, fra morti, feriti, bombardamenti e distruzioni, nonché ogni tipo di atrocità legate alla guerra, portate avanti da soldati senza scrupoli che infieriscono con i civili, appropriandosi con la forza delle armi di denaro e beni di ogni tipo.
A Minsk, in Bielorussia, proseguono nel frattempo i colloqui fiume che seguono a quelli di Mosca tra Putin, Merkel e Hollande e degli Usa tra Obama e Merkel, per cercare una tregua dopo quella fallita del settembre scorso, onde evitare da parte di Usa e Ue l'invio di armi in risposta ai russi che stanno incrementando la loro capacità d'intervento. Quello che si sta prospettando è uno scenario da incubo che nessuno osa immaginare per i costi umani ed economici.
Anche l'Italia all'interno della Nato è in prima linea nella sorveglianza aerea della linea confinaria tra Ue e Russia oggi battezzata “linea rossa”.
Tra i punti chiave dell'intesa che si cerca di costruire e sottoscrivere, più autonomia alle regioni ribelli, e maggiori controlli lungo la frontiera per impedire il passaggio di uomini (soldati e mercenari) e armi.
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