Dalle ricerche, assieme a nomi e immagini, sono emerse tante storie, come quella dei quattro “biani” deceduti tra le file austriache nelle battaglie di San Martino e Solferino nel 1859 o la nascita della figlia di un soldato francese al seguito delle truppe Napoleoniche nel 1804. E ancora la moria di persone dovuta al colera del 1855, e negli anni successivi, la partenza per il Brasile di oltre 160 persone (un quinto della popolazione), e i movimenti verso l’Europa Asburgica della seconda metà ‘700 e dell’800 per lavoro (ferrovie, miniere, commercio).
Eventi e racconti che, un tempo, venivano raccontati durante i filò, così come oralmente era tramandata anche la conoscenza delle parentele, che il libro ricostruisce attraverso i soprannomi, che venivano indicati anche nei documenti ufficiali. Ad Albiano, ad esempio, i Pisetta ne possono contare ben 29, mentre sono 19 i soprannomi che contraddistinguono i Filippi. E ancora, 12, gli appellativi dei Ravanelli e 8 quelli riferiti agli Odorizzi. I soprannomi potevano derivare da professioni (ad esempio “Bacoi” che richiama la bachicoltura), da nomi propri (i “Nardoti”, i “Mariani”, i “Gianeti”…), da una caratteristica fisica o da un luogo geografico, o ancora dai cognomi stessi. Il loro uso, però, tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta è venuto a meno, soprattutto nelle nuove generazioni. “Oltre a recuperare una tradizione, a conservare una parte di memoria che rischiava di andare perduta, la nostra pubblicazione guarda anche al futuro: alle famiglie del paese, infatti, abbiamo affidato il compito di continuare la ricerca, arrivando fino alle ultime generazioni”.
Obiettivo centrato perché il libro (che può essere acquistato ad offerta in oratorio, rivolgendosi alla parrocchia o agli autori) ha suscitato grandissimo interesse, non solo da parte di tutte le famiglie “biane”, ma anche da quelle da tempo uscite da paese o emigrate all’estero, dalla Germania agli Stati Uniti. “Un anziano del paese, sotto l’albero genealogico della propria famiglie, ha scritto alcuni appunti a matita”, conclude Pisetta. “’Annoto tutte le parentele, perché se io muoio i miei nipoti non riuscirebbero a ricostruirle’, mi ha detto. È così che un libro che guarda al passato, continua a vivere nel presente”.
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