Gli ebrei altoatesini deportati: “Un uomo viene dimenticato quando il suo nome è dimenticato”
Bolzano – Il 22 agosto 1938 l’“Ufficio centrale demografico”, che pochi giorni dopo assunse il nome di “Direzione generale per la demografia e la razza”, impose, nell’ambito delle prime misure antiebraiche adottate dal governo fascista in tutto il Paese, un censimento della popolazione ebraica. Il 12 ottobre dello stesso anno ne furono pubblicati gli esiti anche sul quotidiano locale “La Provincia di Bolzano”. In Alto Adige furono registrati ufficialmente 938 “ebrei”. 69 di loro erano residenti nella città di Bolzano.
Come già avvenuto a Merano, sede della sinagoga e della comunità, anche il capoluogo altoatesino ha deciso ora di aderire al progetto delle “Pietre d’inciampo”, per fare memoria di coloro che furono deportati, dopo il 1943, e internati nei campi di concentramento.
Per sapere di chi si tratta, la ricercatrice Sabine Mayr e Hannes Obermair, direttore dell’Archivio storico della Città di Bolzano, hanno elaborato una perizia preliminare, con il sostegno della Comunità ebraica e del Museo ebraico di Merano e della locale sezione ANPI. La ricerca dei due autori ha messo in luce il triste destino di 17 famiglie, per un totale di 25 persone, la cui memoria pubblica sarà ora assicurata attraverso l’installazione di targhe in ottone infisse sui marciapiedi, davanti alle loro abitazioni di un tempo.
“Alla sofferenza di coloro che vivevano a Bolzano e che hanno perso la vita a causa della follia razzista del nazionalsocialismo, il Comune vuole rendere giusta memoria”, ha detto il sindaco Spagnolli nel presentare l’iniziativa. “Grazie al progetto dell’artista Gunther Demnig, anche a Bolzano saranno posizionate le Pietre d’inciampo, ovvero delle targhe commemorative d’ottone sul marciapiede davanti all’ultima residenza dei perseguitati: serviranno – ha ricordato l’assessora alla Cultura Patrizia Trincanato – a mantenere viva la memoria di tutti coloro che, dopo essere stati discriminati a causa delle famigerate ‘leggi razziali’ imposte dal fascismo italiano nel 1938, furono perseguitati, fino alla deportazione fisica nei campi di concentramento e alla privazione della loro vita”. Particolarmente toccante e commovente il ricordo del prof. Cesare Finzi che, intervenendo alla conferenza stampa, ha narrato il dramma vissuto dai suoi parenti stretti (zii e cugini), membri della famiglia bolzanina Carpi, tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1944.
L’idea delle Pietre d’inciampo (Stolpersteine) è dell’artista tedesco Gunther Demnig. Partita da Colonia si è diffusa in tutta Europa e ad oggi si contano oltre 50mila pietre collocate sulle strade di molte città. “Un uomo viene dimenticato quando il suo nome è dimenticato”, dice Demnig citando la tradizione ebraica. Di qui la necessità si scolpire nel metallo i nomi delle vittime. La loro storia diventa “pietra d’inciampo” poiché è vero che essi furono perseguitati e uccisi da regimi totalitari, ma è anche vero che molti, pure tra coloro che non collaborarono attivamente, tacquero e si girarono dall’altra parte.
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