La stretta finale

Il nuovo presidente della repubblica viene eletto avendo davanti scadenze molto impegnative

Difficile scrivere una analisi quando si sa che i lettori vedranno quest’articolo con un numero di informazioni maggiori di quelle che abbiamo al momento. E tuttavia non si può ignorare che la partita che si apre giovedì 29 gennaio è di quelle importanti. Se sarà una svolta lo impareremo vivendo, perché in politica le cose non si decidono in un giorno, anche se poi magari a posteriori si può dire che quel giorno è iniziata una svolta.

Certo il contesto è peculiare. Il nuovo presidente della repubblica viene eletto avendo davanti scadenze molto impegnative: da un lato la nuova legge elettorale, ormai approvata, dall’altro una ampia riforma costituzionale ancora in itinere, ma che sembra avere anch’essa un’alta probabilità di tramutarsi in legge.

Attiriamo l’attenzione su un fatto che può sembrare banale. La nuova legge elettorale cambia non di poco il nostro equilibrio, perché quando si voterà sulla base di quanto prevede avremo un vincitore che potrà governare con una buona maggioranza parlamentare garantita. Però quella legge è applicabile dal 2016, sicché il nuovo presidente della repubblica potrebbe trovarsi nelle condizioni di avere l’opportunità di sciogliere prima le Camere e dunque di farle rieleggere con l’attuale riforma disegnata dalla sentenza della Corte Costituzionale, cioè con un sistema proporzionale senza premio di maggioranza. Il presidente della repubblica non può naturalmente sciogliere le Camere a sua discrezione, ma può interpretare i momenti di crisi spingendo in una direzione piuttosto che in un’altra. Così per esempio fece oggettivamente Napolitano con l’incarico a Monti: chi scrive la giudica una mossa saggia visto il contesto, ma ciò non toglie che ci fossero i margini per sciogliere e rinviare alle urne.

Anche senza immaginare un momento così drammatico, ci sarà senz’altro il tema di come ci si avventura nel nuovo sistema elettorale. Anche qui le analisi che circolano sono spesso semplicistiche. Per esempio il premio alla “lista” che ottiene il 40% dei suffragi o che vince al ballottaggio del secondo turno è letta semplicemente come voto ad un partito anziché ad una coalizione. Questo però non è detto: significa semplicemente che i partiti per coalizzarsi non possono presentarsi insieme con i propri simboli e raccogliere dei voti individuati per ciascuno (come fu, tanto per capirci, con l’Ulivo), ma debbono presentarsi sotto un unico simbolo.

Pensare che questo non avvenga è utopistico, a meno che ci sia un partito tanto forte da essere sicuro di vincere, il che però oggi non è. Dunque a destra come a sinistra si correrà a negoziare per fare le “liste” mettendo dentro forze diverse e siccome queste alleanze sono spesso litigiose ci sarà il problema di governare un poco i conflitti non tanto all’interno (quello lo devono fare più che altro i partiti), ma a livello internazionale. Sono campi in cui la cosiddetta “moral suasion” del Colle può avere un ruolo anche molto importante.

Sono due esempi piuttosto chiari di quanto sia delicato il compito che l’inquilino del Quirinale si vedrà assegnato dalle riforme. Ci aggiungiamo il problema di cooperare all’avvio del nuovo bicameralismo, perché il Senato delle Regioni non sarà, potete scommetterci, quella nullità politica che commentatori disinvolti si immaginano. Se non altro perché i nuovi senatori saranno comunque soggetti politici che parlano e intervengono nella sfera pubblica e lì non contano solo i “poteri” che la costituzione assegna al tuo ruolo (se fosse così Grillo, tanto per dire, non conterebbe che molto poco…).

La classe politica ha presente, per quanto temiamo in maniera non lucidissima, la realtà che abbiamo schizzato in queste brevi note. Infatti tutti chiedono “un politico navigato”, anche se poi non si capisce bene cosa significhi, se una persona addentro ai giochi di palazzo, o una capace di imporre ad un ceto riottoso e rissoso di non discostarsi troppo dagli interessi del paese e del bene comune.

Naturalmente non c’è garanzia che una persona eletta perché la si presume in grado di esercitare il ruolo necessario in questo momento poi nelle contingenze che si presenteranno lo sia davvero. Ma sarebbe almeno buona regola cercare di scommettere su chi sembra dare maggiori garanzie di poter reggere quel compito istituzionale.

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