Nella Siberia degli sciamani

Un viaggio nato dalla passione per la lingua russa e per la ricerca etnografica. Fino a incontrare, in Buriazia, una realtà umana durissima, la solitudine degli orfanotrofi, ma anche progetti umanamente ricchi e seminatori di speranza

Un viaggio in Siberia per vivere direttamente la fatica e l'intensità di un mondo da scoprire, ricco di verità e tradizioni antichissime. Non un viaggio fast-food che ti lascia qualche migliaio di fotografie destinate a perdersi in un computer. Un viaggio fatto per passione e interesse: l’interesse a toccare con mano ciò che raramente filtra dai mass-media, la passione per la lingua russa studiata all’università, per l’antropologia e la ricerca etnografica, e l’attrazione verso una cultura dove la spiritualità è una realtà viva e tangibile. Una cultura da millenni legata e intrecciata allo sciamanesimo siberiano.

Un viaggio che ha inteso, al contempo, tessere i fili di un legame con luoghi che sono stati visitati e che non si dimenticheranno. Le persone, i paesaggi, un mondo che soffre, ma non si dispera. Territori desolati, distese di steppa e l'infinita taiga che richiamano le descrizioni di Dino Buzzati. Pezzi di storia del mondo, l'anima del tempo. Qui non siamo nel deserto dei Tartari, ma in Buriazia, Repubblica della Federazione Russa che abbraccia quasi per intero le sponde del magico lago Bajkal.

La Buriazia, chi l’ha mai sentita nominare? Un territorio esteso come l’Italia dove abita e vive un milione di persone. L'opportunità è arrivata da Stefano, un ricercatore sullo sciamanesimo che abita in Veneto e da 17 anni visita quei luoghi e vive la vita degli sciamani locali, condividendo con loro viaggi, esperienze, racconti e tradizioni. “Perché non venite a visitare la Siberia?”.

Laura Pedrotti che insegna inglese e conosce bene il russo, e Sandra Boccher, dirigente dell’Istituto “M. Curie” di Pergine, che a scuola promuove con successo l’inclusione dei ragazzi con disabilità e disturbi di apprendimento, con altre persone avventurose (ma non troppo), hanno accolto la proposta. Sembrava quasi una decisione presa al volo, e invece tutti i partecipanti hanno via via scoperto di avere dei motivi profondamente radicati e chiari per partire: dall’idea di arrivare ai confini del mondo in un contesto naturale di incredibile bellezza ai confronti culturali con popoli come quello buriato che, come i nostri mocheni o i cimbri, costituisce una minoranza etnica e linguistica.

All'emozione dell'avventura si è aggiunta la volontà di far convergere dei contatti significativi con realtà non facili come quella degli orfanotrofi. Il gruppo ha visitato strutture per orfani, ha visto e toccato con mano progetti di cooperazione bellissimi e veri e ha contribuito, con la quota di partecipazione, al sostegno di iniziative che arricchiscono il cuore. E’ dunque l’incontro umano che ha caratterizzato il viaggio di queste due donne trentine, alcuni veneti e una minuscola componente di altri Paesi europei. Il rapportarsi con realtà molto povere economicamente, ma ricche di anima ed emozioni, situazioni al limite della nostra comprensione umana, di abbandono e silenzio, ma mai di disperazione.

L’accoglienza per i partecipanti è stata calorosissima e avvolgente, e ha dimostrato che l'uomo non è nulla senza l'anima. Come nelle millenarie tradizioni sciamaniche all'arrivo all’ospite viene offerto del latte, simbolo di purezza, buoni intenti, accoglienza, poiché è il primo elemento che ci nutre alla nascita.

Qui siamo nella Mongolia russa, vero cuore pulsante dell'impero di Gengis Khan, colonizzata solo dal 1800 dai cacciatori di pelli della Russia zarista e mai umiliata né soggiogata dal comunismo sovietico – vuoi per l'orgoglio di un popolo raro a trovarsi nel mondo, vuoi per l'abitudine nei secoli di vivere la transumanza come cultura esistenziale. Queste popolazioni hanno sviluppato nel tempo una forte resistenza culturale ed un legame intimo e tenace con le loro tradizioni secolari.

E’ una vita scarna, dura ed essenziale la loro, piena del vento impietoso che sferza la steppa e metafora delle avversità della vita che si abbattono sempre sui più deboli, i più innocenti: i bambini. Sono 75 gli orfanotrofi disseminati sul territorio con bambini non voluti, abbandonati per povertà o per malattia, quelle malattie che anche il nostro mondo fa fatica ad accettare. Le strutture assistenziali locali fanno quello che possono con pochi e scarsi mezzi. Il personale è carico di infinita umanità nell'accudire ed insegnare a bambini talvolta gravemente disabili attività pratiche da noi ormai dimenticate. All'emergere di qualche talento naturale questo viene assecondato in un percorso di crescita umana che non vuole lasciare nessuno ai margini.

I bambini sono divisi in strutture dagli 0 ai 3 anni, dai 4 agli 8 anni e poi in strutture chiamate “internat”, dove rimangono fino ai 18 anni. Una sola struttura, “Bayangol”, ospita orfani gravemente disabili oltre i 18 anni.

Normalmente al compimento dei 18 anni questi ragazzi orfani sono considerati dallo stato “autonomi”, eufemismo per dire che devono arrangiarsi e sono abbandonati a loro stessi. Da lì in poi, la droga, l'alcolismo, la prostituzione o il grande ricchezza umana darsi alla criminalità sembrano l'unica soluzione possibile. Ma anche per loro c’è speranza. Ad Oior, località remota vicina al confine con la Mongolia, la Fondazione “Mondo Onesto – Spravedlivij Mir” (www.spmir.org), creata da Stefano 4 anni fa in Buriazia, ha già realizzato quattro fattorie restaurando case in rovina. In ciascuna sono andati a vivere tre ragazzi e tre ragazze orfani, che lì imparano a fare i contadini. Questo progetto è stato considerato dal Governo russo il migliore progetto di cooperazione internazionale e nazionale del 2014. Perché i fondi arrivano da donazioni estere, ma la fondazione e le strutture sono gestite da personale locale russo e buriato.

Sandra e Laura, insieme agli altri partecipanti di questo viaggio, hanno riportato a casa una grande ricchezza umana e la volontà di non arrendersi mai davanti alle difficoltà. Insieme all’associazione Ujamaa onlus e tanti volontari in Europa si propongono di promuovere con altre iniziative la vicinanza e solidarietà con la comunità della lontana Buriazia a dimostrazione della vicinanza e amicizia fra i popoli, vera ricchezza dell'umanità. Nella consapevolezza, come citato nel Talmud e nei Vangeli, che “ogni piccolo gesto cambia il mondo”. Il loro ”viaggio” quindi continua, nella speranza di incontrare per strada nuovi amici e persone sensibili.

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