Al santuario la riflessione dell'arcivescovo, che ha contrapposto il silenzio dell’eremitaggio alla povertà del pensiero breve e all’eccessivo uso della comunicazione compulsiva tramite i social network
Il santuario di San Romedio, nel giorno della ricorrenza del santo, il 15 gennaio scorso, ha attirato, come tutti gli anni, una grande folla di pellegrini. Molti sono giunti a piedi partendo di buon ora da Tavon di Coredo, guidati da don Franco Torresani, altri sono giunti sempre a piedi da Sanzeno; la maggioranza è stata trasportata da tre bus navetta che tutto il giorno hanno fatto la spola da Sanzeno a San Romedio, fornendo un ottimo servizio ai fedeli.
“Il santuario è tornato splendente dopo gli ultimi restauri e siamo grati alla Provincia Autonoma di Trento e alla nostra diocesi”, ha detto il priore padre Giorgio Silvestri dando il benvenuto al vescovo monsignor Luigi Bressan (che ha celebrato la messa delle 11 accompagnata dai canti del coro “Pensionati della Terza sponda”), a tutte le autorità civili e ai pellegrini. I lavori di restauro, iniziati nel 2011, hanno dato una nuova luce al santuario, come ha osservato anche il vescovo; a breve saranno terminato un museo dedicato agli ex voto e una sala conferenze.
“A testimonianza che la devozione al santo è molto viva abbiamo raccolto un’urna piena di schede e quaderni zeppi di pensieri spirituali”, ha continuato il priore. “Nel corso di quest’anno nella foresteria abbiamo ospitato trenta persone che hanno voluto fare esperienza eremitica; fra di loro un ateo, un filosofo e diverse coppie in difficoltà”.
Monsignor Luigi Bressan nella sua omelia ha contrapposto il silenzio dell’eremitaggio alla povertà del pensiero breve, all’eccessivo uso della comunicazione compulsiva tramite i social network, pur riconoscendone la validità. “Gli eremiti ci insegnano quanto sia valido il ritirarsi dal bailamme della società, per porsi in una giusta relazione con Dio, con il creato, con gli altri, con se stessi e poter poi comportarsi di conseguenza e dare consigli sulla via da seguire per una esistenza che si possa definire come riuscita”, ha spiegato Bressan. “L’eremita cristiano non è egocentrico, ma si isola per pregare Dio, per richiamare il valore della spiritualità per tutti, per aiutare i visitatori. L’eremitismo per sua natura è una vocazione rara anche tra i cristiani ed è molto impegnativa, quindi riservata a ben pochi; ma non è uno stile di vita obsoleto ed è un richiamo per tutti noi a prendersi tempi di silenzio”.
Al termine della messa tutti i fedeli hanno potuto rivolgere le loro intenzioni durante l’ostensione di una reliquia del santo. I pellegrini hanno avuto poi la possibilità di consumare un piatto di “trippe” come vuole la tradizione. Le norme sulla distribuzione dei cibi non hanno permesso di cucinarle in loco, ma sono state preparate dall’Hotel Pineta di Coredo e poi portate al santuario per la distribuzione.
Per molti questa giornata all’eremo è diventata un appuntamento fisso. “È da 35 anni ininterrotti che il 15 gennaio partecipo a questa giornata importante”, racconta un fedele. “Ho visto crescere di anno in anno la partecipazione e il bisogno dei fedeli di ricerca della spiritualità e del misticismo”.
Anche le guide di ANASTASIA sono state impegnate nelle visite guidate all’eremo e anche alla Casa De Gentili a Sanzeno, riscuotendo notevoli apprezzamenti. La sera precedente la festa, in preparazione all’evento, 430 persone, guidate da padre Mario Cisotto, hanno partecipato alla fiaccolata da Sanzeno a San Romedio. Per l’occasione anche l’orso abruzzese è uscito dal letargo.
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