Credo di non essere l’unico che la vigilia di Natale, aprendo il Corriere della Sera, ha letto con sconcerto l’articolo di Vittorio Messori, “La svolta e i dubbi”, a proposito della prassi pastorale di Papa Francesco. Che Messori non abbia mai digerito le novità introdotte da questo Papa, lo si era capito da tempo, malgrado le sue professioni di adesione al Papa presenti anche in quest’articolo. Ma questa volta afferma di essere stato richiesto di rendere palesi i dubbi che lo travagliano e che ritiene travaglino anche altri suoi lettori.
Messori si dice scandalizzato per la “imprevedibilità” di questo Papa che “continua a turbare la tranquillità del cattolico medio”. Forse ci si deve chiedere quale sia la qualità della fede di questo “cattolico medio”, che ha difficoltà ad accettare un pastore che ha l’odore delle pecore e che annuncia “la gioia del vangelo”. Forse si tratta di fedeli abituati alla figura di un Papa con tutti i simboli del potere (abiti, palazzo, solennità rituale) che oggi non si vedono più in Francesco, un papa che ama i poveri, che non veste pontificalmente, che critica severamente il sistema economico attuale che produce miseria e che apre la Chiesa non solo ai cattolici e ai praticanti, ma a tutti senza giudicarli ma accogliendoli nello spirito della “rivoluzione della tenerezza” di cui parla in Evangelii gaudium.
L’impressione che ho ricavato dalla lettura dell’articolo è penosa. Non sfugge la coincidenza – per altro non affermata – dell’articolo di Messori con il discorso del Papa alla Curia romana due giorni prima (il 22 dicembre) e con le feste natalizie. La parola severa, ancorché pacata, del Papa deve aver scosso e turbato Messori e con lui quegli ecclesiastici che gli hanno chiesto di manifestare la sua opinione che egli, dice, avrebbe volentieri rimandato, “se non mi fosse stata richiesta”. Non è un mistero che ci sono cardinali e vescovi oltre a gruppi di fedeli (e non necessariamente i lefevriani!) che non accettano questo Papa, perché forse si sentono minacciati nella loro maniera di essere ministri della chiesa o semplicemente cristiani e per questo accusano – senza dirlo troppo chiaramente – il Papa di tradire la dottrina dei suoi predecessori. Messori non si fa scrupolo di accusare Francesco in modo subdolo di “certe omelie mattutine a Santa Marta, prediche da parroco all’antica, con buoni consigli e saggi proverbi, con persino insistiti avvertimenti a non cadere nelle trappole che ci tende il diavolo”, di dichiararsi scandalizzato perché il Papa telefona all’on. Pannella, “impegnato nell’ennesimo, innocuo digiuno e che gli augura «buon lavoro», quando, da decenni, il «lavoro» del leader radicale … consiste nel battersi per divorzio, aborto, eutanasia, omosessualità, teoria di gender”, che “nella prima intervista a Eugenio Scalfari, ha ridicolizzato (!) chi pensasse che «Dio è cattolico», quasi che la Ecclesia una, sancta, apostolica, romana fosse un optional, un accessorio da agganciare o meno, a seconda del gusto personale, alla Trinità divina” … “il Papa che prende l’aereo per abbracciare e augurare buoni successi a un amico carissimo, pastore proprio in una delle comunità che stanno svuotando quella cattolica e proprio con il proselitismo da lui condannato duramente nei suoi”.
Sono affermazioni sconcertanti. All’inizio e fino alla vigilia del Sinodo le voci di dissenso erano affidate al Foglio di Giuliano Ferrara che si faceva portavoce del gruppo degli “atei devoti”, divenuti improvvisamente i difensori della tradizione cristiana e del magistero del Papa. Ora gli oppositori si sono affidati a Vittorio Messori ritenuto un difensore della fede e per questo autorizzato a criticare anche il Papa.
È curioso vedere l’improvvisa metamorfosi: da tenace e roccioso apologeta quando sul trono di Pietro sedevano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, intransigente contro chi avesse osato contestare scelte e affermazioni di quei pontefici, è diventato oggi maestro del sospetto che si permette di criticare apertamente le posizioni e le scelte del nuovo Papa, descritto come improvvido innovatore e teologo di seconda categoria, pastore che venendo da lontano non conosce e non segue le posizioni professate dai suoi predecessori e … da Messori. Il quale dichiara di far questa requisitoria a malincuore, coprendosi di condizionali: “Si potrebbe continuare, naturalmente, con questi aspetti che paiono — e forse sono davvero — contraddittori. Si potrebbe, ma non sarebbe giusto, per un credente. Questi sa che non si guarda a un Pontefice come a un presidente eletto di repubblica o come a un re, erede casuale di un altro re”. Ci mancherebbe! Ma quello che Messori intende dire è chiaro come il sole.
Il popolo di Dio invece nella sua grande maggioranza, grazie a quel sensus fidei che gli viene dallo Spirito, accoglie apertamente e gioiosamente Papa Francesco e con lui cammina verso nuovi orizzonti. I quali non sono poi tanto nuovi da far paura, ma costringono a cambiare non la dottrina, ma lo stile di chiesa, dell’autorità, del magistero, e le priorità pastorali delle chiese. Siamo ad un cambio evangelico ed è normale che ci siano delle resistenze, ma ormai indietro non si potrà più venire. Almeno io me lo auguro, sicuro di non essere solo.
Gabriele Ferrari s.x.
già Superiore generale dei Saveriani d'Italia
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