L'incontro di alcuni ragazzi dell'Anffas di Trento davanti a Santa Marta
Quando, imbottigliati in mezzo al traffico selvaggio della capitale, Alessandra ha comunicato ai ragazzi sul pullmino che non sarebbero riusciti ad arrivare in tempo alla Sala Nervi, qualcuno si è persino messo a piangere. La delusione e lo sconforto erano palpabili: sembrava impossibile che dopo avere tanto atteso e preparato l'incontro con Papa Francesco, dopo aver affrontato la fatica di un viaggio lungo e accidentato, dopo aver superato persino i rischi dell'alluvione… adesso il sogno svanisse così, tra i clacson insistenti di una mattina di febbraio.
I ragazzi in pullmino erano quelli del Centro Anffas (la storica associazione trentina che si occupa di disabilità) di via Volta, che ora, nella redazione del loro giornalino (“L'Adigetto”) ripercorrono quella giornata indimenticabile: sono Alessia, Daniela e Daniela, Emilio, Francesco, Lorenzo, Maddalena e Susanna (ad accompagnarli a Roma gli operatori Alessandra, Daniele, Valentina e Luca, con tre volontari: Giulia, Stefano ed Anna). L'idea di andare a conoscere di persona questo Papa, che affascinava “anche chi, tra noi, non aveva fede”, era nata durante il soggiorno estivo in montagna, un progetto poi condiviso con altre realtà dell'Anffas che avevano lo stesso desiderio. Così, collaborando tra diversi Centri della città (via Volta, via Gramsci, via Perini, via Suffragio e via Paludi) – un ulteriore elemento di novità, questo, che ha dato valore aggiunto all'iniziativa – Anffas Trentino ha organizzato la sua spedizione da Papa Francesco dal 4 al 7 febbraio, in tutto una cinquantina di persone tra utenti, operatori e volontari.
Il mercoledì mattina, appuntamento in sala Nervi per un saluto personale con Bergoglio. La maggior parte delle persone si incamminò a piedi dall'albergo, mentre i ragazzi con disabilità motoria salivano in pullmino: “Le strade di Roma sono impossibili da percorrere per le carrozzelle; in confronto qui a Trento, dove ancora esistono le barriere architettoniche, siamo davvero fortunati”, spiega Alessandra, una delle operatrici del Centro di via Volta.
E torniamo al traffico paralizzato della capitale, con il pulmino bloccato chissà dove mentre il resto della comitiva Anffas incontrava il Papa in Sala Nervi. A quel punto tutto sembrava perduto, ma grazie alla cocciutaggine di due colleghe del gruppo in Sala Nervi, dopo qualche discussione e un po' di insistenza, è stato concesso al pulmino ritardatario di aspettare Papa Francesco davanti a Santa Marta. C'erano solo loro quando è arrivato a bordo della sua vettura; scendendo li ha visti e si è diretto verso i suoi ospiti inattesi. Li ha salutati uno ad uno, soffermandosi con ciascuno il tempo di un bacio e di una carezza. “È stata una gran fortuna”, esordisce Daniela. “Io non riuscivo neanche a parlare”, ammette Francesco. “Non solo tu!”, gli fa eco Maddalena. Susanna, che è nata in Cile, l'ha apostrofato con un timido (ma neanche troppo) “Hola!”: “Lui mi ha risposto in spagnolo e mi ha messo la mano sulla testa”, racconta mimando il gesto. “È stata una cosa molto grande, molto forte”, dice Daniela ripensando al Papa che la abbracciava e le dava un bacio; soprattutto, “mi guardava negli occhi”.
Che impressione hanno avuto i ragazzi di Anffas di questo Papa? “Che è bravo!” esclama Lorenzo, “si è proprio fermato con noi” interviene Francesco, sottolineando l'affetto e la spontaneità dell'incontro. “Umano”, sintetizza bene Maddalena: per lui fermarsi a salutarci “non era un dovere ma sembrava essere un piacere”. È questa, forse, la cosa che li ha sorpresi di più, e che non immaginavano: incontrare un uomo, prima di un Papa.
“I disabili insegnano l'incontro”, dirà qualche settimana dopo Papa Francesco: “La persona malata o disabile, proprio a partire dalla sua fragilità, dal suo limite, può diventare testimone dell'incontro: l'incontro con Gesù, che apre alla vita e alla fede, e l'incontro con gli altri, con la comunità. In effetti, solo chi riconosce la propria fragilità, il proprio limite può costruire relazioni fraterne e solidali, nella Chiesa e nella società".
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