L'Arcivescovo di Trento ripercorre i suoi incontri con Bergoglio e sottolinea alcuni tratti della sua fede e della sua personalità
Riconosco che l'elezione del cardinal Bergoglio a Papa mi ha colto di sorpresa. Dovevo incontrarlo con altri “Trentini nel mondo” a Buenos Aires il 12 settembre 2001, ma ci fu soltanto una frettolosa stretta di mano, in mezzo a tanti, al termine della grande celebrazione nella Avenida de Mayo per le vittime all’attentato delle Torri Gemelle di New York nel giorno precedente.
La sera del 13 marzo 2013 gioii al vedere che subito seppe rompere quella cappa di formalismo che stavano imponendo al buon Benedetto XVI, preso come era dai temi teologici per i quali ha dato un grandissimo contributo.
Fui tra i primi vescovi ad andare da lui nell'aprile 2013 insieme da altri sette del Veneto per le Visite “ad limina”; fu un colloquio fraterno, di un’ora e mezza di condivisione e a noi non sembrava reale che si stesse parlando con il Papa come con un confratello vescovo. Ma egli ci superava per la sua autorevolezza e per una fede profonda; ci colpì anche la sua competenza in questioni pastorali. Ci disse soprattutto che si doveva riscoprire la gioia dell’essere cristiani e del poter evangelizzare; aggiunse che non avrebbe accettato che uscisse una Esortazione post-sinodale che avesse minor entusiasmo della Evangelii Nuntiandi: era chiaro che intendeva darvi una impronta personale, e non lasciar soltanto ai collaboratori un testo, sia pur passabile.
Vi furono alcune altre circostanze per salutare brevemente il Papa, sia per le Assemblee della CEI che per Udienze come per il Pellegrinaggio diocesano e con un Gruppo di appoggio all’università cattolica dell’Etiopia. Ma fra tutte mi colpì la celebrazione dei Vespri con i vescovi italiani: si presentò come uno che prega con noi, senza distinzioni poiché di fronte alla preghiera tutti siamo piccoli e la presidenza rituale può aiutare ma anche tradire. Salutò ciascuno e quando stava con te, sia pure per trenta secondi, era con te!
Sa sorprendere in molti suoi atteggiamenti (certamente assistito da una grazia speciale dello Spirito Santo e dalla sua personalità): lo stile di povertà, il lavoro indefesso, il non concedersi vacanze annue, il consultare il popolo di Dio sui Sinodi, i numerosi viaggi apostolici all’estero, ecc. Nessuno si attendeva che intraprendesse azioni diplomatiche (anzi qualcuno sussurrava che avrebbe chiuso il servizio diplomatico della Santa Sede), e invece ha favorito in Vaticano la distensione tra Cuba e USA, riprendendo un dialogo che già vent’anni fa aveva avviato il nunzio mons. Cesare Zacchi.
Al Fanar, in un ambiente che tiene molto al protocollo e alle precedenze, si è inchinato davanti al Patriarca, riconoscendo che era lui il vescovo del posto. Mi ha commosso, rammentando anche le nostre visite in qui luoghi e quel suo gesto mi richiamò l’esortazione di San Paolo: “Gareggiate nello stimarvi a vicenda”.
Con il suo esempio e la sua parola Papa Francesco domanda a ciascuno di essere santo, per conformarsi al dono del battesimo, ma non è un duro: incoraggia ciascuno a fare almeno qualche costante passo in avanti e a impegnarsi ancora più in una carità fattiva.
Dopo ventun mesi intensi di servizio come successore di San Pietro, ora Papa Francesco affronta un 2015 carico di sfide per la situazione mondiale tesa tra le crisi economiche ed alimentari, quelle energetiche e finanziarie e in mezzo ai conflitti di supremazia nel quadro internazionale; il tutto è aggravato da violenze fondamentaliste… E il Papa è chiamato a portare la pace e la collaborazione.
Nella Chiesa stessa si tratta di sviluppare quella riforma che ha avviato, in comunione con i vescovi e il popolo di Dio. In previsione vi sono un Sinodo sulla famiglia, un’azione per la fame nel mondo con l’Expo 2015, l’anno della vita consacrata, l’applicazione della Evangelii Gaudium, il Convegno ecclesiale di Firenze, viaggi missionari in Filippine e Giappone e altre attività di aggiungono continuamente.
Mentre ringraziamo il Signore per averci concesso questo Papa, per le sorprese che ci offre e per la simpatia che suscita verso la Chiesa, siamo coscienti che ciò esige conversione dall’individualismo autoreferenziale a un approccio altruista e preghiamo gli uni per gli altri, ed con riconoscenza per il papa stesso. Il suo affetto per noi va non solo ammirato, ma ricambiato in invocazione allo Spirito Santo perché lo illumini e lo sostenga nel suo grande amore per il Regno di Dio.
Mons. Luigi Bressan
arcivescovo di Trento
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