E’ giusto far pagare l’imposta sugli immobili a una cooperativa che gestisce Case di Riposo, gravando così sulle rette degli ospiti? L’interrogativo è sollevato dalla cooperativa Spes
”Cambia il nome, non la sostanza: l'unica cosa certa è che la dovremo ancora pagare”. Che sia Imu o Imis (la nuova Imposta immobiliare semplice che solo in Trentino unirà Imu e Tasi), il vento spira sempre nella stessa direzione. E al quartiere generale del Gruppo Spes, a Trento sud in via Fermi, tira brutta aria: sulle tre RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali) di proprietà – sulle otto complessivamente gestite sul territorio provinciale – continuerà a gravare l'imposta immobiliare. Le tre strutture sono Casa Famiglia di Trento in via Borsieri, Villa Belfonte a Villazzano e Villa Alpina a Montagnaga di Pinè. Immobili entrati negli anni a far parte del patrimonio della Società cooperativa servizi pastorali, educativi e sociali (Spes in sigla), sorta nel 1975 come braccio operativo dell'Azione Cattolica. Dal 2001 la dirige Italo Monfredini, tono della voce pacato ma piglio deciso: “Abbiamo altri stabili, come la nostra palazzina servizi, non destinati all'assistenza diretta agli anziani, sui quali è giusto pagare l'imposta. Non ci sembra affatto corretto, invece, pagarla per le tre RSA che mettiamo a disposizione per un servizio sociale, in regime di convenzione con l'Ente pubblico e in particolare con l'Azienda sanitaria”.
Monfredini lo rimarca ai microfoni di radio Trentino inBlu a pochi giorni dal “sì” in Consiglio Provinciale alla leggina a firma dell'assessore agli Enti locali Carlo Daldoss che esenta dal pagamento dell'imposta immobiliare i terreni agricoli. E il paragone, seppur forzato, è immediato: da un lato la terra produttiva, dall'altro chi si occupa di quanti produttivi non lo sono più, gli anziani. La discrepanza pare evidente. Così come chiaro è il fatto che, qualora lo stesso principio fosse applicato sulle RSA della Spes, le casse di due Comuni, Trento e Baselga di Pinè, non godrebbero più di un gettito, derivante dall'imposta, pari complessivamente a poco meno di centomila euro: settantamila per il capoluogo, venticinquemila per l'amministrazione pinetana. Ma è il gatto che, come si suol dire, si morde la coda. “Perché l'ulteriore certezza – ci tiene a ribadire il direttore – è che la tassa va necessariamente ricaricata su tutti i cittadini nostri utenti. In sostanza la pagano gli anziani e le loro famiglie, con il riflesso inevitabile di una minore qualità del servizio”. In moneta sonante fa 1 euro in più al giorno sulla retta giornaliera. Spalmato necessariamente su tutti i circa cinquecento anziani ospiti delle otto residenze della Spes. E in un quadro di limitazioni costanti: “Non dimentichiamo che l'Azienda sanitaria – chiarisce Monfredini – ha ridotto il trasferimento complessivo del 4% negli ultimi tre anni”.
Il direttore della Spes ravvisa poi un'anomalia oggettiva rispetto alla Casa di riposo di Lisignago, per la cui gestione la cooperativa paga quarantaduemila euro all'anno di affitto alla Comunità della valle di Cembra, proprietaria della struttura. La quale, dal 2015, risulta però esentata, in quanto Ente pubblico, dal pagamento dell'imposta immobiliare. “Anche in questa nuova revisione provinciale non abbiamo ottenuto alcuna esclusione, pur essendo operatore nei servizi socio-sanitari. Questo mi sembra l'aspetto più rilevante: c'è un disincentivo molto forte nei confronti del privato sociale perché metta a disposizione i propri beni per la comunità. Inutile continuare a sostenerne l'importanza, quando poi è lo stesso privato-sociale ad essere penalizzato”. Monfredini attende qualche notizia positiva da piazza Dante, “anche se – nota sconsolato – sono due anni che assistiamo a un palleggiamento di competenze tra assessorato alla Sanità e agli Enti locali”.
La Spes guarda comunque avanti, alla prossima tappa: l'apertura della RSA di Cadine, opera ormai in dirittura d'arrivo. Vi troveranno posto novanta anziani, in particolare quelli attualmente ospiti a Trento in via Borsieri. Con o senza imposta?
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