Sorelle nella notte

L’associazione “L’Altrastrada” a Trento si interessa delle vittime di tratta e dei tanti volti della prostituzione

La volontà di capire le situazioni, le più disparate; una capacità non ostentata di confronto; l’idea di una visione diversa di società, senza sfruttamento; tutto dalla prospettiva dall’incontro umano rispettoso, il dato fondamentale da cui sempre ripartire. “L’Altrastrada”, l’associazione che a Trento si interessa delle vittime di tratta e dei tanti volti della prostituzione, continua il suo cammino di ricerca e di condivisione. Un piccolo ma coeso – motivato – gruppo di donne che si ostina a voler instaurare con altre donne – meno fortunate – un contatto umano che possa contare sulla comune sorellanza. Non è facile districarsi, occorre dirlo subito, perché il reticolo di connivenze e sudditanza per le donne costrette al marciapiede è spesso capillare, consolidato prima ancora che nei risvolti pratici, a livello culturale e dunque introiettato nelle coscienze e nel percorso esistenziale ed educativo.

Dall’esperienza delle volontarie dell'associazione L’Altrastrada emerge che a Trento le ragazze e le donne provenienti dall’Africa vengono spostate su agglomerati urbani più grandi, mentre vanno aumentando le ragazze dell’Est europeo. Spesso subiscono lo sfruttamento della famiglia o del marito o del compagno. Stanno per brevi periodi per poi spostarsi, sono costrette a farlo a seconda delle esigenze del “mercato”. E anche se la lingua più comprensibile potrebbe agevolare una qualche comunicazione, sono proprio le romene le più inavvicinabili. Ma non le meno sole.

E’ la solitudine il denominatore comune di queste ragazze (alcune sono giovanissime) e di queste donne che se potessero non sceglierebbero il marciapiede.

La solitudine: nessuno si ferma, se non il cliente. Il contatto con le realtà in cui lavorano, e quindi la possibilità di chiedere aiuto, è reso più complicato in certi casi dalla barriera linguistica. Questo vale in particolare per le ragazze che vengono dalla Nigeria. E se c’è un contatto è spesso per dileggio e presa in giro da parte di balordi o di compagnie in cerca di goliardia. Succede sovente. Le ragazze diventano oggetto di scherno, vengono prese in giro con epiteti spregiativi e pesanti. Per non dire di chi adombra stereotipi. Basta dire “Via Brennero” (la strada di Trento dove queste donne e ragazze si prostituiscono) e giù a ridere… Ma è la loro condizione quotidiana di vita un’oppressione perpetrata, uno sfruttamento persistente.

Le volontarie di L’Altrastrada una volta alla settimana cercano con loro momenti, anche brevi, di una qualche convivialità. E non è solo una tazza di tè caldo con i biscotti – ben accetto, adesso poi che fa freddo -, ma la possibilità di scambiare due parole, di portare loro dei vestiti, di segnare un inizio di empatia, anche se sovente la fiducia è minata dal dubbio.

Risultati pratici? Pochi. La possibilità di prospettare una fuoriuscita dal marciapiede? Non facile. Anche se si offrono loro le condizioni della normativa vigente per liberarle dal giogo, non possono, più che non vogliono. Persistono ad esempio legami religiosi ancorati ai riti vudù come pure la necessità impellente e costretta di onorare il debito contratto dai loro parenti o da altri.

Sono storie di ingiustizia profonda – tengono a ribadirlo le volontarie -, un mondo sconosciuto che si apre su una parte della città; un’ora dopo la chiusura dei negozi e dei centri commerciali a Trento nord comincia un’altra vita. E’ il manifestarsi di una spirale perversa tra le donne sfruttate e gli sfruttatori.

Le volontarie di L’Altrastrada cercano di mettersi al fianco, in qualche modo di condividere e ancor prima di capire. Per questo il loro lavoro di sensibilizzazione si estende alle scuole dove, se invitate, intervengono volentieri perché sono convinte che è dall’educazione che tutto comincia ed è dunque il mondo della scuola a rivelarsi centrale e dirimente. E al contempo auspicano anche una presenza maschile nel loro gruppo, che c’era e poi per una sorta di riciclo s’è esaurita. Una presenza maschile è importante perché – avvertono – porta una sensibilità diversa in un ideale equilibrio di genere.

Durante la settimanale riunione a Villa Sant’Ignazio si fa un bilancio dell’esito delle uscite e si programma la successiva. Non demordono, non si arrendono, queste donne dolci e tenaci di l’Altrastrada. Il loro servizio di volontariato ci appare come la presenza sui prati autunnali del colchico color lilla, un fiore gentile che fiorisce anche dopo l’inverno.

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