Favole e leggende, dappertutto nel mondo, sono parte della memoria di un luogo e soprattutto della comunità che lo abita. Le leggende di Merano, del Burgraviato e del Tirolo mescolano elementi provenienti da tradizioni diverse: vicende che attraversano la frontiera tra i gruppi, le persone, i territori, e che sanno raccontare il volto dei meranesi, la loro identità che nasce dal contrasto e dalla contraddizione.
L'ultima fatica dello scrittore e giornalista Paolo Bill Valente raccoglie in modo sistematico le leggende della conca di Merano, narrate un tempo a voce, poi messe per iscritto già nell'Ottocento e così giunte fino a noi: si intitola “Leggende meranesi” (Edizioni alphabeta Verlag, 2014). Dopo un grande lavoro di ricerca sui testi di tre etnografi ottocenteschi del Tirolo (Ignaz Vinzenz Zingerle, Johann Nepomuk Alpenburg e Johann Adolf Heyl, a cui poi si sono ispirati tutti gli autori successivi), mettendo a confronto le diverse versioni esistenti, Valente si è cimentato nella reinterpretazione e riscrittura delle leggende (in tutto una settantina, di diverse epoche storiche), integrandole con “schegge di storia e cultura”, usando anche parole nuove ma sempre rimanendo fedele, nella trama, al racconto originario.
In questa versione più attuale e leggibile, Valente consegna ai meranesi – ma non solo – del terzo millennio “qualche frammento dei tesori sepolti del nostro passato”. Sono “storie di confine”: raccontano di città sparite nel nulla, di popoli che si incontrano, entrano in relazione, si combattono, si fondono l’uno nell’altro; parlano del limite tra bene e male, ci consegnano una verità atemporale che si può cogliere solo mettendo da parte il nostro “sguardo pragmatico e disincantato”. A chi sono rivolte queste pagine? A chiunque non si accontenta – scrive l'autore nella premessa – di ciò che vede coi propri occhi. A chi è disposto a rinunciare alle risposte facili, a rimanere a lungo col fiato sospeso, a coltivare un animo curioso e inquieto.
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