Alla COP20 è finito il riscaldamento, anche se non quello globale. Ora si inizia a fare sul serio.Molte le persone che oggi si aggiravano per i padiglioni della conferenza con le valigie, tante quelle che una volta fermate per un’intervista hanno confermato di essere appena arrivate. I tecnici lasciano il posto ai politici. Le negoziazioni che hanno avuto luogo questa settimana si avviano verso la strada delle decisioni concrete, di accordi vincolanti.Ma cosa ne pensano gli addetti ai lavori di questa prima settimana?…I negoziatori ufficiali tendono ad essere schivi e non rilasciare dichiarazioni, ma alcuni Paesi invece colgono l’occasione per ribadire le loro posizioni e chiedere ancora una volta che le trattative possano proseguire sulla strada da loro proposta. È il caso del Pakistan, che richiama l’attenzione al tema del Loss & Damage (Perdite e Danni), tanto caro ai Paesi in via di Sviluppo perché, come afferma il portavoce: “I Paesi in Via di Sviluppo sono le maggiori vittime del cambiamento climatico, non essendo in grado di affrontare le nuove realtà perché sono più vulnerabili e hanno una ridotta resilienza e minori capacità di recupero dai danni”. Chiedono dunque che si lavori tutti insieme per far fronte ai futuri sconvolgimenti climatici. “Chiediamo uguaglianza”, conclude.Il rappresentante della Thailandia che si occupa degli accordi sul Capacity Builing, il trasferimento tecnologico e conoscitivo ai Paesi in Via di Sviluppo, si ritiene soddisfatto, sostenendo di aver ricevuto delle risposte positive riguardo alle proposte fatte da gran parte dei Paesi in Via di Sviluppo e anche da parte di alcuni dei Paesi Sviluppati.Chi si sbilancia un po’ di più su questa prima settimana di conferenza sono i rappresentanti dell’”Adopt a Negotiator” (“Adotta un negoziatore”), un programma che segue da vicino le negoziazioni, con lo scopo di capire tutti i sottintesi e i rumors che circolano tra i corridoi per poi renderle pubblici a quanti vogliono seguire l’andamento dei negoziati.Tra loro, Josh Wiele si ritiene soddisfatto riguardo agli accordi sui finanziamenti per il Green Climate Fund, affermando che si stanno raggiungendo i 10 miliardi di dollari all’anno di finanziamento, obiettivo minimo attuale, in attesa del grande accordo che dovrebbe portare ai 100 miliardi di finanziamento annui. Wiele riconosce però che si sta procedendo troppo lentamente, dato che finora si è parlato principalmente di mitigazione ma non si è ancora affrontato seriamente l’altro macro-tema, l’adattamento, più caro ai Paesi in Via di Sviluppo che sono quelli che subiscono le conseguenze del cambiamento climatico.Un altro membro del programma “Adopt a negoziator”, Federico Brocchieri parla delle difficoltà di arrivare ad un accordo sul Loss & Damage a causa della difficoltà oggettiva di riconoscere se i danni subiti da un Paese sono davvero causati dal cambiamento climatico o sarebbero avvenuti comunque e, in caso affermativo, delle difficoltà nella stima dei danni dovuti alla variazione del clima da quelli dovuti alla negligenza dei governi. L’Unione Europea è apertamente a sfavore di questo accordo e vorrebbe concentrarsi solo sulla mitigazione, contrariamente alla maggior parte dei Paesi in Via di Sviluppo.Le negoziazioni continuano la settimana prossima, si attende l’arrivo di molti altri diplomatici con valigia, nella speranza che siano più inclini a rilasciare delle dichiarazioni. Silvia DebiasiSerena Boccardo
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