La carità – è stato detto – viene spesso confusa con l’elemosina, con la beneficenza; invece dev’essere un modo di vivere, qualcosa che è dentro e ti spinge ad andare verso l’altro, che ti spinge a voler bene alle persone indipendentemente da dove si trovano, da chi sono e da quello che fanno. La carità è una virtù che deve far parte dell’essere della persona. Siamo abituati a pensare alla carità come a un dare, ma prima di poter dare bisogna essere. La carità deve entrare nella nostra vita, coinvolgerne tutti gli aspetti. Ognuno di noi è chiamato alla carità: ognuno è carità secondo quello che può, secondo quello che fa. Non ci può essere carità senza giustizia. Nel mondo ci sono disparità enormi: centinaia di milioni di persone vivono in povertà assoluta. Economicamente vuol dire vivere con meno di un dollaro al giorno. Questo succede soprattutto in Africa, in Asia, in India. Carità vuol dire anche sforzarsi di capire perché c’è questa disparità.
Il Collegio Universitario Aspiranti Medici Missionari (Cuamm) nacque nel 1950 per formare medici da inviare nei Paesi che all’epoca erano chiamati “in via di sviluppo” (oggi si devono chiamare “con risorse limitate”), facendo proprio il mandato di Gesù euntes curate infirmos.
“Noi come volontari ci occupiamo della salute”, ha precisato un relatore. “Siamo abituati a pensare alla salute come assenza di malattia, ma la salute (come dice anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità) è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplicemente un’assenza di malattia o di infermità. Non si tratta solo di curare, bisogna far guarire. E il nesso tra malattia e povertà è evidente: c’è chi diventa malato a causa della povertà e chi diventa povero a causa della malattia”.
La salute, è stato ricordato, non è un bene di consumo ma un diritto umano non negoziabile. “L’accesso ai servizi sanitari non è un privilegio, deve essere a disposizione di tutti. Questo è uno dei pilastri su cui poggia il Cuamm. Siamo presenti in Africa, nei luoghi più poveri delle nazioni più povere del continente più povero, cercando di garantire l’accessibilità ai servizi sanitari a tutti soprattutto ai più poveri. È difficile da capire nel nostro mondo, dove accediamo ai servizi sanitari in modo persino eccessivo, spesso per problemi inesistenti”.
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