Sci cambia?

La Provincia stoppa la realizzazione di nuove aree sciistiche. Spazio all'innovazione e alla riprogettazione, anche in termini sostenibili ed eco compatibili, delle strutture esistenti

Per rimanere competitivo in un mercato in continua evoluzione, il comparto dello sci trentino non potrà più proiettare nel futuro modelli di sviluppo che non tengano conto di nuove spinte e domande e della necessità di una pianificazione integrata a livello territoriale, sociale e ambientale.

Venerdì scorso a Trento, la Sat ha chiamato imprenditori, albergatori, tecnici e amministratori a partecipare alla giornata di studio sul binomio montagna-sci, invitando i partecipanti a riflettere e interrogarsi sulle prospettive delle pratiche sportive e del turismo montano in inverno sulle nostre montagne.

Un dibattito sempre attuale, soprattutto in tempi di crisi e di fronte a numeri che, rispetto al passato, fotografano una situazione in rapido mutamento – crescono, ad esempio, i turisti che in vacanza cercano qualcosa di diverso rispetto allo sci – e parlano di un fatturato in calo dell'8% rispetto al 2009/10, che vale oggi 1,2 miliardi sui 2,5 totali del settore turistico trentino. Viene da se che “diversificare” e “innovare” siano state le due parole chiave che più volte sono risuonate dall'inizio dei lavori.

“Non è più tempo di utilizzare modelli vecchi per condizioni nuove”, ha spiegato la professoressa Mariangela Franch del Dipartimento di Economia e Managment dell'Università di Trento, premettendo che negli ultimi trent'anni, in Trentino, gli operatori turistici hanno operato in un ambiente protetto, mantenendo una bassa propensione al rischio di impresa e all'innovazione che non fosse incentivata da un attore pubblico con interventi di sostegno di tipo tradizionale: politiche di programmazione, incentivazione per la costruzione o la ristrutturazione delle strutture ricettive, finanziamento e partecipazione di nuovo strutture per la politica dello sci.

Strategie che, ha ribadito Franch, hanno portato a un innalzamento dell'offerta qualitativa e al raggiungimento dell'eccellenza nel campo dell'innovazione tecnologica e organizzativa nel settore dell'impiantistica, esportata anche all'estero. Ma cosa succede però se gli scenari mutano e ci si trova a dover fare i conti con la drastica diminuzione delle risorse da destinare al comparto e quindi una conseguente selezione degli incentivi?

“La competitività a livello globale continuerà a crescere, la domanda sarà sempre più segmentata e proveniente da mercati nuovi, non non ancora raggiunti in Europa”, ha spiegato Franch. “Il ruolo degli attori privati dovrà cambiare rapidamente: ci sarà una selezione naturale, rimarranno solo quelli più efficienti. Il soggetto pubblico dovrà mantenere il ruolo di incubatore laddove ci siano dei progetti che guardano a nuovi modelli, per l'avvio o il riposizionamento dello sviluppo turistico. Dovrà inoltre essere 'manutentore', intervenendo a supporto delle infrastrutture e degli impianti rinnovandoli e rimodernandoli, seguendo il principio dell'efficienza e del co-finanziamento pubblico privato”.

Gli imprenditori dovranno assumersi rischi diretti, definire nuove strategie (la proposta, ad esempio, di nuovi prodotti che abbraccino fasce di diverse età) coinvolgendo nelle scelte anche le comunità locali. Dovranno imparare inoltre imparare a definire progetti di rete che includano le Apt, sviluppando competenze per partecipare ai bandi e ottenere finanziamenti (quelli europei saranno preponderanti rispetto a quelli provinciali) che saranno assegnati in base a criteri selettivi come è già prassi in molti altri settori, ad esempio nella ricerca.

C'è insomma spazio ancora spazio per l'innovazione, purché svincolata da logiche di nuove costruzioni ma impostata su una riprogettazione, anche in termini sostenibili ed eco compatibili, delle strutture esistenti che sono quelle che hanno consentito e consentono tuttora di generare reddito. Concetto ribadito anche da Bruno Zanon, che nel suo intervento ha sottolineato come attorno a un'iniziativa pioneristica – come può essere quella della nascita del comparto sciistico in Trentino – debba necessariamente poi svilupparsi una costruzione territoriale nel suo complesso. “Va bene l'impianto, la pista, il centro wellnes, ma per far funzionare bene il tutto attorno deve nascere un sistema sociale di reti e relazioni che sappia cosa farci per trarne tutti i vantaggi”, ha spiegato Zanon.

Problematiche, provocazioni, idee e proposte emerse nel convegno sono state raccolte dall'assessore provinciale al turismo Michele Dallapiccola che ha espresso il “no” della Provincia alla costruzione di nuove aree sciistiche, rilanciando però la necessità di riqualificare quelle esistenti, in un'ottica di ampliamento dell'offerta turistica invernale in Trentino, cercando di conciliare anche le esigenze di imprenditori e ambientalisti. Capitolo Folgaria e Bondone. La Provincia, ha detto Dallapiccola, non mollerà: tenendo conto delle differenti peculiarità, le due aree possono essere rilanciate diversificando l'offerta e puntando anche sulle famiglie. E nel caso del Bondone, un grande impianto di collegamento, potrebbe far tornare appetibile la montagna di Trento alla città.

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