Nel Tamil Nadu le “Case del sorriso” del Cesvi per bambini autistici. La testimonianza di Chiara Marconi: “Per me viaggiare significa immergersi nella cultura, lasciarsi guidare dalla gente del posto”
Chennai (Tamil Nadu, India) – Impronte di mani su una della Case del sorriso del Cesvi per bambini autistici. – 2014 -La voglia di viaggiare, Chiara l’ha sempre coltivata fin da adolescente. Nuova Zelanda, Australia, Russia e Stati Uniti, Marocco, Libia. Ma non con la smania del turista “mordi e fuggi”, supponente e incapace di cogliere “da dentro” le realtà nuove. “Per me viaggiare significa immergersi nella cultura, conoscere la gente del posto e lasciarsi guidare da loro, assaporare ogni cosa, un po’ abbandonandosi”. Chiara Marconi è trentina, ha 22 anni. E’ stato un viaggio in India a segnarla profondamente. Non solo quel mondo così diverso, pervaso da colori, odori e suoni di clacson continui e insistenti e un pullulare inimmaginabile di gente: “Dopo qualche ora si sente il bisogno di trovare un angolo di strada isolato dove lasciar riposare i sensi”.
Le è capitato di svolgere un periodo di volontariato a Chennai, nel Tamil Nadu. Un centro per bambini autistici. Un’esperienza aspra, dura. Disseminata anche di incomprensioni. “Per me un bambino, specie se autistico, lo si abbraccia”, osserva Chiara. Per fargli sentire vicinanza e calore umano che solo stringendolo a te si può comunicare. E invece il metodo usato da medici e specialisti indiani è quello della segregazione: “Per loro – dice Chiara, non senza un senso di rabbia e di disgusto – lo si lega e benda e si chiude in una stanza”. E allora questa giovane donna quando vede che i contrasti diventano insormontabili va altrove e si guarda attorno. Visita alcune scuole e per due di esse – una volta tornata in Italia – mette in cantiere una raccolta fondi. Troppo ampio il contrasto tra i bisogni e i diritti, occorre fare qualcosa, non restare inerti. E’ un’indole, la sua, una sensibilità che la spinge ad agire. “Quelle aule così piccole e così piene mi hanno colpito il cuore. Gli sguardi dei bambini e i loro sogni.” Fare qualcosa, ingegnarsi, far correre la fantasia per venire incontro in qualche modo a necessità impellenti.
Chiara si ricorda che qualche tempo prima, per puro caso, aveva conosciuto qualcuno del Cesvi, un organismo di volontariato con sede a Bergamo. E allora lo interpella, chiede lumi, un consiglio. Paolo Duranti, amministratore delegato Cesvi, la indirizza verso un loro progetto sempre in Tamil Nadu. E’ la “Casa del sorriso” Jeeva Jyoti , nelle vicinanze di Budur, un minuscolo villaggio a nord di Chennai.
Sono tre le “Case del sorriso” in quell’area. La loro finalità è quella di togliere le bambine e i bambini dalla strada e impartire loro un’educazione, la possibilità di frequentare la scuola, aprire loro una prospettiva. Qualcuno è orfano, ma i più sono figli di famiglie “schiavizzate” nelle fabbriche di mattoni o nella produzione e nel commercio del riso. In genere è capitato che i genitori-lavoratori si sono indebitati chiedendo somme di denaro, anche poche rupie, per pagare delle spese mediche necessarie. Ripianano il debito col lavoro. E succede che il salario quotidiano e mensile è talmente infimo che sono costretti a lavorare per lungo tempo senza possibilità alcuna di rescindere il “contratto”.
E’ in questo terribile contesto sociale che le operazioni del Cesvi risultano estremamente importanti. Le “Case del sorriso” sono dei porti sicuri, avamposti di umanità in situazioni spesso di rapporti rapaci e predatori. I genitori affidano volentieri i loro figli agli educatori del Cesvi, sanno che vengono prestate loro cura, attenzione, amorevolezza. L’obiettivo è farli crescere, insegnare un mestiere.
Chiara è orgogliosa nel dirlo e ribadirlo ad alta voce, non senza un misto di emozione e di abbandono del cuore: “Sono bambini felici, questo è quello che ho notato maggiormente. Cantano e ballano tutti i giorni, studiano, fanno sport, si aiutano a vicenda e sognano… sognano un futuro che non è più così irraggiungibile”. E’ quasi impensabile la maturità (“Ripeness is all”, scriveva Pavese citando Shakespeare) che emerge in questa giovane donna, al suo secondo anno di specialistica in Studi internazionali alla Scuola Sant’Anna di Pisa (doppia laurea con l’Università di Trento).
Uno stile e un’eleganza di vita che le fa distinguere le cose importanti da quelle che lo sono meno, molto meno. Nel futuro di Chiara c’è un lavoro più di tipo istituzionale in qualche organizzazione internazionale. Ma intanto non ha proprio intenzione di abbandonare il volontariato. Certe cose non si possono scordare. “Penso di essere cambiata profondamente dopo la mia esperienza indiana e il tempo passato a Jeeva Jyoti alle ‘Case del sorriso’”.
La sua tenacia e la sua perseveranza nell’organizzare una mostra a Trento per raccogliere fondi, cosa non facile per una studentessa, sono il miglior attestato del suo desiderio di aiutare bambini e ragazzi, che le sono rimasti nel cuore.
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