Dopo la manifestazione della CGIL a Roma e la convention della Leopolda a Firenze il governo Renzi si trova ad affrontare un passaggio molto stretto. Da un lato la Camusso ha deciso, non si capisce bene con quale vantaggio, di tentare di far cadere il governo o quantomeno di azzopparlo decisamente. Dal lato opposto il presidente del consiglio e segretario del PD ha deciso di andare a vedere le carte sia dell’attuale vertice della CGIL sia della turbolenta, ma frammentata opposizione interna al PD.
Come si uscirà da questa situazione? Cerchiamo di capire le carte che hanno in mano i vari attori in campo. E’ sempre più chiaro che lo scontro avverrà in parlamento mettendo alla prova la minoranza per vedere se davvero ha il coraggio di non votare il provvedimento del jobs act sfiduciando il governo (che ciò avvenga con un passaggio formale sulla fiducia o con il semplice voto contrario è solo relativamente importante). Se la Camusso proclama davvero lo sciopero generale, una specie di arma letale del sindacalismo ultimamente poco usata, contribuisce ovviamente a mettere con le spalle al muro non Renzi, ma la minoranza PD, che a quel punto ha una pressione in più a sfiduciare il governo (ed una pressione alla quale farà fatica a sottrarsi).
Bene, a questo punto il governo difficilmente potrà rimanere in carica e si apre la questione del che fare. Le elezioni anticipate non si possono avere a breve, perché è inverno, ci sono i tempi tecnici per la campagna elettorale e dunque, ben che vada, si voterebbe a marzo 2015, col rischio che, siccome c’è anche una tornata di regionali, ci si trascini almeno a fine aprile. Ma chi resterà in carica in questo lasso di tempo, ammesso che Napolitano accetti di sciogliere anticipatamente la legislatura?
Come è prassi un “governo di affari” che andrebbe o ad un tecnico o allo stesso Renzi privato però dei ministri di estrazione politica. Un pasticcio, perché difficilmente un simile governo potrebbe avere l’autorevolezza di gestire una legge di stabilità complessa come quella che si è messa in cantiere e che difficilmente si potrebbe stravolgere dopo l’accordo che si sta raggiungendo con Bruxelles. Si aggiunga che sembra improbabile che ripartano gli investimenti finché gli investitori potenziali non vedranno come finiscono le elezioni. Il che significa essere bloccati fino a maggio, cioè avere il quarto anno di recessione, perché non è che gli investimenti producono i loro effetti nel giro di pochi mesi.
Mettiamo un altro tassello. In questo scenario si voterebbe col cosiddetto “consultellum”, cioè col sistema elettorale previsto dalla sentenza con cui la Corte Costituzionale ha bocciato il “porcellum”. Secondo tutti gli analisti un sistema pasticciato, proporzionale, ma con varie storture, sicché la previsione è di avere come esito un parlamento ingovernabile.
Queste cose le componenti responsabili delle classi dirigenti le sanno benissimo, ma non hanno molti strumenti per cambiare la situazione. Renzi sfiduciato non potrebbe certo acconciarsi a governare dimezzato; un leader gradito alla minoranza PD non riuscirebbe a tenere in piedi la coalizione con l’NCD e un sostegno dal M5S è poco probabile. C’è chi spera che a questo punto Napolitano spingerebbe per un ritorno alle larghe intese, ovviamente sempre con Renzi, il che sarebbe gradito alla minoranza PD in quanto potrebbe così speculare su un ritardo dell’appuntamento elettorale a cui andare bruciando l’attuale segretario che presenterebbe come un vassallo di Berlusconi.
Come si vede sarebbe il trionfo della politica bizantina e levantina, con danni gravissimi per il paese che perderebbe un’ulteriore occasione di ripresa economica.
Molti però pensano che proprio per le ragioni dette sopra alla fine la minoranza PD e la stessa CGIL, al netto della posizione della Camusso, abbaierà molto, ma morderà poco. Se però questo avvenisse, è difficile pensare che Renzi non colga la palla al balzo per fare i conti definitivi con i suoi vari avversari, il che significherebbe portare a termine il suo progetto di rinnovamento degli equilibri del sistema politico italiano. Ma significherebbe anche farlo in un clima di vendetta e di resa dei conti che non favorisce certo la razionalità necessaria in questo frangente.
I prossimi mesi saranno indubbiamente mesi molto caldi.
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