La primavera di Hong Kong

Parla padre Criveller, missionario del Pime: “Questi studenti hanno una forte coscienza civile. Dobbiamo sperare in loro perchè Hong Kong possa raggiungere la piena democrazia”

“Il governo cinese non può pretendere di stare nel mondo contemporaneo chiudendosi al contributo che può portarvi il cristianesimo”

“In questi giorni Hong Kong è cambiata per sempre”. Parola di padre Gianni Criveller, 53 anni, studioso trevisano fra i più esperti del mondo cinese, missionario del Pime espulso tre anni fa dalla Cina. Frequenta Hong Kong, dove ha insegnato all'Università Cinese ed è stato a Trento la settimana scorsa per il convegno su Martino Martini (vedi VT n. 40). Lo abbiamo intervistato, durante il suo incontro con l'Arcivescovo Bressan, per capire come nasca e dove possa arrivare la “rivoluzione degli ombrelli”, chiamata così perché gli studenti li hanno usati in piazza per difendersi dal sole e dai lacrimogeni della polizia.

Cosa vogliono questi giovani di Hong Kong, aldilà delle immagini con gli ombrelli?

La loro rivolta ha ragioni remote e immediate. A Hong Kong era stato loro promesso che le elezioni del 2017, le prime a carattere universale, sarebbero state davvero libere. Invece, di fatto la gente potrà scegliere solo tra due o tre candidati, scelti a loro volta da funzionari del governo cinese.

Nei giorni scorsi si è temuto più volte un esito cruento, un'altra piazza Tien An Men…

Il timore c'è sempre, ma la gran parte di osservatori ritengono improbabile che oggi il governo cinese intervenga con i carri armati come a Tien An Men. Però bisogna ricordare che ad Hong Kong l'esercito cinese è già presente, anche se riesce a stare nascosto, defilati. Atti di violenza ci sono già stati nei giorni scorsi da parte della polizia, ma anche da parte di gruppi di facinorosi – in verità legati a organizzazione mafiose operanti a Hong Kong – mandati a picchiare gli studenti inermi da parte di funzionari in combutta con il governo.

Chi sono le realtà coinvolte nella protesta?

Sono tre: il “Movimento democratico” di Hong Kong denominato “Occupy Center” che ha promosso l'iniziativa del 29 settembre, e poi due realtà studentesche: quella più tradizionale è la Federazione degli studenti cinesi, per lo più universitari, d'ispirazione progressista. L'altro gruppo, più recente e composta da giovanissimi, è quello degli “Scholarism” con due leader 17enni.

Da dove vengono questi giovani?

Sono sorti quasi dal nulla da un anno o due stanno dimostrando grande capacità di organizzarsi, di argomentare le proprie richieste, di mantenere la disciplina interna. La loro è la grande sorpresa.

Quasi una primavera di Hong Kong…

Sì, ci spera anche lo stesso card. Joseph Zen, vescovo emerito e “coscienza di Hong Kong”, uno dei padri nobili di questa protesta. E' intervenuto direttamente per sostenere la non violenza e prevenire bagni di sangue.

Ma chi ispira gli studenti, chi c'è dietro?

Sono giovani liberi, in grado di respingere chi li vuole strumentalizzare. Hanno una grande capacità autonoma di organizzarsi, anche grazie ai social network. Se anche il governo blocca Internet loro hanno altri canali per tenersi collegati. Questa è la loro forza. Ma non sono tecnologici, dimostrano anche una forte coscienza civile. Direi che gli studenti rappresentano l'avanguardia della coscienza nazionale per il cambiamento.

Il 4 giugno si è tenuta la commemorazione di Tien An Men.

Avviene da 25 anni ma negli ultimi tempi questo anniversario ha registrato un notevole incremento di partecipazione, proprio grazie a questi ragazzi. Non erano ancora nati nel 1989, eppure sanno bene cosa significò quell'evento.

Qual è la speranza per Honk Kong?

Si dimostra una città matura, non violenta, con una grande coscienza civile e politica, non violenta. Merita di arrivare alla piena democrazia, perchè è abbastanza libera, ma non ancora democratica. Hong Kong potrebbe assumere un ruolo di traino storico nei confronti di Taiwan, che dovrebbe poi seguirne le orme e riunirsi con la madre patria, ma anche per la Cina continentale: dopo le riforme economiche, dar vita anche a quelle politiche.

Voi missionari del Pime siete nel mirino del governo cinese. Rispetto a quanto avviene ad Hong Kong?

Stiamo dalla parte della gente. Come missionari del Pime siamo con gli studenti e con i pastori della Chiesa locale. L'alternativa infatti è costituita da una oligarchia economica straricca, che trae guadagni fantastici.

Parliamo di Cina: i rapporti tra governo e Chiesa cattolica?

E' una fase difficile, come già avvenuto in passato. C'è il tentativo di controllo e anche di presa di possesso della vita cattolica da parte dei funzionari del governo. Il caso più triste ed emblematico è quello del giovane vescovo ausiliare di Shanghai Taddeo Ma Daquin agli arresti domiciliare per non aver aderito alle ingiunzioni del governo. Ma vi sono anche altri casi di detenzione. Comunque il cristianesimo va progredendo in Cina: anche se la Chiesa cattolica è messa in difficoltà, il nome di Gesù viene conosciuto da sempre più persone.

Lei ha partecipato a Trento al convegno su Martino Martini promosso dal Centro Studi. La sua attualità?

Quest'uomo ci ricorda che la la Chiesa ha ancora un ruolo importante da svolgere in Cina: il governo non può pretendere di stare nel mondo contemporaneo chiudendosi al contributo che può portarvi il cristianesimo, non solo per l'evangelizzazione ma anche per la promozione dell'uomo, della scienza e della cultura. E chi conosce la storia di Martino Martini sa di cosa sto parlando.

vitaTrentina

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