“La mia Russia”

Ha compiuto domenica 12 ottobre 91 anni, ma ogni giorno continua a tradurre qualche brano dal russo, la lingua della sua vita. Padre Romano Scalfi ci accoglie sereno e sorridente, orgoglioso delle sue radici trentine: “Mi accorgo che più che in italiano o in russo, penso ancora in giudicariese…” scherza, apprezzando l'attenzione del settimanale diocesano per il Premio internazionale che gli sarà conferito a Bassano venerdì 17 ottobre.

“Sono felice perchè proprio ieri ho saputo che è entrato in seminario un giovane di Tione. Pensate che l’ultimo tionese ad essere ordinato sono stato io, ma era il 1948…” osserva e s’informa sulla vitalità cristiana della nostra terra, in cui non viene da due anni. Conversiamo fra le centinaia di volumi della ricca e specializzata biblioteca di “Russia Cristiana” a Seriate di Bergamo. La sede è la seicentesca “Villa Ambiveri”, messa a disposizione dalla famiglia di Betti Ambiveri e tutt’ora vivace centro ecumenico dove si tengono convegni e la Divina Liturgia nella cappella impreziosita dall’iconostasi e da straordinarie icone. “Alcune le ha scritte il famoso maestro iconografo Zenone – precisa Scalfi, con giustificato orgoglio – ospite della nostra scuola iconografica, che è stata la prima delle circa trecento ora avviate anche da altri in Italia”.

Appassionato della “bellezza che salverà il mondo” e aggiornatissimo sull'Est europeo, padre Romano appare pacificato, soddisfatto di quanto è fiorito negli anni, dopo aver attraversato peraltro anche momenti di “battaglia” in questo terreno impegnativo.

Padre Romano, come va interpretato il Premio internazionale “Cultura Cattolica” assegnatole a Bassano?

Non è tanto per la mia persona, ma per l'opera di “Russia Cristiana” che ha coinvolto in questi anni centinaia di persone. Questo non me lo sarei mai aspettato all'epoca, all'inizio pensavo solo di prepararmi per andare a fare il parroco in Russia, appena fosse caduto il comunismo, come allora ingenuamente credevo.

Col tempo sono nate da “Russia Cristiana” altre iniziative. Prima il coro per accompagnare la liturgia bizantina, poi la rivista alla quale ha collaborato molto l'amico trentino padre Nilo Cadonna, quindi la scuola iconografica.

Ma dove s'accese la scintilla d'interesse per l'Est?

Chiesi di andare a studiare al “Russicum” a Roma, dove già studiava padre Nilo, dopo essere stato affascinato dalla bellezza di una Divina Liturgia alla quale avevo assistito a Trento. Un momento di grazia. Ci sarà stato anche del sentimento, ma il Signore si serve anche di quello, no?

In quegli anni tanti preti trentini partivano e volevo andare missionario anch'io…ma ho scelto la Russia.

Ci è tornato una cinquantina di volte in Russia, al punto da assomigliare allo starets dei Fratelli Karamazov, come ha scritto Avvenire. Cosa le è rimasto di trentino?

Le persone più importanti della mia vita sono trentine: mia madre, che era una santa, mia sorella altrettanto, e poi padre Eugenio Bernardi, padre spirituale del Seminario.

In molti che lo hanno conosciuto lo vorrebbero beato…

Oh sì, non ho mai sentito qualcuno parlare male di lui. Per me è stato un grandissimo aiuto. Quando al quarto anno di teologia ero troppo vivace, facevo gli sgambetti ai compagni, ero un criticone, il rettore pensò che forse non ero adatto per fare il prete… e allora fu don Eugenio a difendere la mia vocazione.

In Russia lei è arrivato la prima volta negli anni ‘60. Come mai?

Sapevamo che c’erano dei dissidenti, appartenenti al movimento del Samizdat, che non si proponeva di buttar giù il comunismo, ma di tirar su degli uomini nuovi. Noi che volevamo aiutare la Russia in ogni modo, trovammo appoggio in quelle persone spiritualmente motivate. Ma il movimento ha educato anche noi richiamandoci alla responsabilità, al valore della persona che viene prima dello Stato.

Avete pubblicato in Occidente una decina di libri-diario scritti dai dissidenti. Che attualità ha la loro testimonianza?

Molto forte. Caduto il comunismo c’è stato un momento di silenzio, ma anche di disorientamento. E’ cambiato e sta cambiando il volto della Russia, ma vediamo rinascere lo spirito del Samizdat, ad esempio nelle cosiddette affollate “passeggiate della responsabilità”. Non servono per schierarsi contro qualcuno, ma per richiamare il popolo al proprio impegno.

Il presidente Putin sembra cavalcare la rinascita religiosa a fini politici.

Il rischio c'è. Ho appena tradotto un testo di una poetessa russa, convinta che con Putin si vada verso il totalitarismo. Dovete sapere – in Occidente non se ne parla – che nel 1973 i capi del KGB si riunirono con i capi del partito e presero atto che l'ideologia comunista era fallita. Ma per restare al potere si dissero che potevano cercare di sostituire l'ideologia marxista con qualcos'altro. Consultarono alcuni docenti, e non trovarono una soluzione. Ma attualmente è chiaro che Putin ha scelto l'ideologia cristiana ortodossa come fondamento del suo potere in chiave nazionalista. E questo è pericoloso.

Come vede la vicenda Ucraina?

La gente ha capito di aver sbagliato a lasciar fare al governo, il popolo vuole riprendersi la sua responsabilità.

Si parla poco delle novità in Russia: lei cosa vede?

Molto di positivo, soprattutto come crescita di responsabilità fra la gente, anche se nessuno ne parla. Mi preoccupa invece il fatto che quando Putin ha invaso la Crimea, è esploso in modo spaventoso il nazionalismo. Questo, per altro, è un problema presente in molti paesi ortodossi, dato che ogni Chiesa locale ha la sua autonomia, quella ortodossa diventa una Chiesa nazionale. Il che sottolinea il valore della nazione più che quello dell’uomo. In chiave patriottica si arriva a rivalutare persino Stalin perché “ha fatto grande la Russia”. I russi non vogliono nemmeno ricordare le persecuzioni dei tempi del regime, se questo getta ombre sulla Russia, la loro nazione.

C’è stato persino il caso di un prete che ha portato in giro per le strade di Pietroburgo da una parte l’immagine di Stalin e dall’altra il crocifisso. E’ mentalità diffusa, non maggioritaria, ma diffusa.

Far conoscere il pensiero della grandiosa tradizione russa, ad esempio, la conoscenza integrale, ripresentata da Vladimir Solovev per arrivare sino a Florenskij. La persona conosce con la totalità dell’essere, non solo con la testa ma anche con il cuore, con la vita. Quest’idea può essere utile anche per l’Italia di oggi, per superare, oltre al relativismo, anche il razionalismo, che ormai non tiene più. Vogliamo diffondere lo spirito del Samizdat che mette al centro il valore della persona. E che condanna ogni violenza, nociva per tutti. Per me è stato un vero miracolo che il comunismo sia caduto senza spargimento di sangue.

 Lei era anche insieme a don Armando Bisesti, ricordato all’Arcivescovile come molto attivo nell’insegnamento, e padre Nilo Cadonna (don Ezio, n.d.r), pure suo compagno di studi, morto nel 1997. Che rimase fino al 1976.

La collaborazione con padre Nilo si è allentata quando io mi sono avvicinato al movimento di CL e a don Giussani, per la consonanza che trovavo con la sua posizione umana ed ecclesiale. Padre Nilo non se la sentiva di legarsi al movimento e per questo è andato a Roma per continuare autonomamente l'attività ecumenica. Ma il rischio di perdere l'autonomia non c'era: io e Giussani abbiamo abitato nella stessa casa per trent'anni, era un grande amico, condividevamo tutto, ma non gli sono mai venute in mente idee di assorbimento.

Negli anni difficili lei entrava in Russia in borghese, ma sapeva di essere controllato.

Pensi che nel 1985 mi si è avvicinato un uomo e mi ha detto: “Lei non è ancora stanco della Russia, ma sappia che la Russia è stanca di lei, non si faccia più vedere!”, ma nonostante non potessi più andarci di persona, sono riuscito a inviare molte altre persone. Ed ora è tutto più facile.

Che stratagemmi usavate per mandare libri di spiritualità in Russia?

Li spedivamo prima in Polonia, al santuario della Madonna Nera, dove c’era una suora cattolica russa di nome Regina che riusciva a farli recapitare in Russia. In altri tempi io stesso avevo portato copie del Nuovo Testamento nascoste sotto il vestito. Adesso non c’è più bisogno di questi sotterfugi, abbiamo aperto un centro a Mosca che pubblica centinaia di volumi. Con l’attuale patriarca di Mosca abbiamo stampato il testo di Ratzinger “Introduzione al cristianesimo”. Lo stesso patriarca Kirill deve tenere conto delle frange nazionaliste che avversano l’amicizia con i cattolici, convinte come sono che assieme a ebrei e massoni i cattolici vogliano distruggere la Russia.

Rispetto all'unità fra le Chiese, come vedete l'ecumenismo?

Come un lavoro non tanto ai vertici, ma partendo dal basso. In questa prospettiva, ci conforta la crescita in Russia di un centro culturale ecumenico come la nostra “Biblioteca dello spirito”, dove lavorano insieme venti persone, tre cattolici e gli altri ortodossi. Quasi ogni sera vi si svolgono dibattiti, conferenze, presentazioni di libri. Il tutto in uno spirito di amicizia che si estende a tutti, per questo tanti intellettuali vengono volentieri.

La diocesi di Trento ha ricordato recentemente il mandato ecumenico indicato da Paolo VI e i molti importanti passi ecumenici in 50 anni.

Certo. Sono stati passi preziosi. L’ecumenismo deve partire dalla persona. Trovo vero quanto ci disse un amico greco-cattolico: non voglio che l’unità sia un patto fra “grandi”, è l’unità tre le Chiese come persone, come popolo, a partire dalla singola persona. Quanto più uno è unito a Cristo, tanto più collabora all’unità.

In Trentino, dopo il gemellaggio con la Chiesa ortodossa russa siglato da mons. Sartori nel 1991 con don Silvio Franch, varie parrocchie, cori, gruppi hanno stretto rapporti alla base.

Bello. Bisogna partire dalla persona che fa la comunità e questa si allarga via via. Le parate ecumeniche invece fanno rumore, ma se sotto non c'è una vera vita di comunità….

Un ortodosso mi ha detto a Mosca: “Spero che i cattolici siano sempre più cattolici e gli ortodossi siano sempre più ortodossi. Continuiamo a pregare insieme il Signore, e Cristo ci unirà.

Accadrà un giorno?

Speriamo sì, l'importante è capire che è compito di tutti, non solo dei capi.

(fotoservizio di Gianni Zotta)

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