Anche se provvisoria, visto che i vescovi riparleranno di questi temi al Sinodo ordinario del 2015, la prima sintesi dei lavori in corso a Roma ha già indicato l’atteggiamento di fondo dei sinodali. Quello di discernere e valorizzare tutto il positivo dovunque si trovi nella realtà attuale della famiglia, esercitando insieme “onestà intellettuale e carità spirituale”, invece che “tagliare con l’accetta”.
Lo ha sottolineato il card. Bruno Forte, teologo amico del Trentino e arcivescovo di Vasto e Chieti, che ha applicato l’impegno di “cogliere il positivo” nel commentare in conferenza stampa il capitolo “Accogliere le persone omosessuali”, redatto da lui stesso sulla base del confronto assembleare. Comincia con quest’affermazione e con questa domanda: “Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana: siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità anche nelle nostre comunità? Spesso esse desiderano incontrare una Chiesa che sia accogliente per loro”.
Rappresenta davvero una sfida educativa, per elaborare “cammini realistici” (anche l’aggettivo importante!, n.d.r.) di crescita “affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale”. E a questo punto – quasi prevedendo le osservazioni di chi il giorno dopo reclamava prudenza perché l’accoglienza non venisse confusa con la valutazione positiva dell’orientamento omosessuale da parte della Chiesa – mons. Bruno Forte ha scritto: “La Chiesa peraltro afferma che le unioni fra persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio fra uomo e donna”. Aggiungendo poi: “senza negare le problematiche morali connesse alle unioni omosessuali, si prende atto che vi sono casi in cui il mutuo sostegno fino al sacrificio costituisce un appoggio prezioso per la vita dei partners”.
Davanti a queste considerazioni, ancora oggetto di vivace dibattito con quella differenza di “gradazioni e sfumature”, per dirla col card. Ravasi, che appartiene (grazie a Dio) alla storia secolare dei Sinodi, potremo già confrontare la prassi pastorale e l’esigenza di qualche ulteriore passo avanti nella direzione dell’accoglienza. Anche in comunità dove già esistono percorsi di fede per persone omosessuali e dove da tempo c’è attenzione alle situazioni di sofferenza nell’ambito familiare.
Un'azione pastorale che nello stesso tempo testimonia l'annuncio cristiano sul matrimonio e non sottovaluta i rischi di ideologie ad esso contrapposte, come ha ribadito nell’intervista di fine agosto a Vita Trentina l’arcivescovo Luigi Bressan.
Il card. Forte è ricorso a questa ulteriore spiegazione: “La Chiesa non condivide che la stessa terminologia 'famiglia' possa essere indifferentemente applicata all’unione fra un uomo e una donna, aperta alla procreazione, e all’unione omosessuale”. Ma “le persone umane coinvolte nelle diverse esperienze hanno dei diritti che devono essere tutelati”, anche con “una codificazione”.
Un “parlare chiaro”, come richiesto da Papa Francesco, che dà un criterio per valutare le ricorrenti rivendicazioni del “matrimonio gay”, ma che dovrebbe entrare dal basso come atteggiamento ispiratore delle comunità cristiane. Dove talvolta la presenza di questa condizione personale e soggettiva viene volutamente ignorata oppure “classificata” secondo schemi riduttivi e ingiuste; ad esempio, quello che gli omosessuali sarebbero anticlericali, che è peraltro un pregiudizio specularmente opposto a quello di chi, sbandierando l’orgoglio gay, continua a bollare tutta la Chiesa di una posizione chiusa e omofobica.
L’atteggiamento di accoglienza può dare fin d’ora sollievo agli omosessuali cristiani e/o in ricerca di fede – ma anche ai loro genitori o familiari, provati spesso da giudizi di esclusione nei confronti dei figli – e deve modificare le nostre azioni e le nostre parole. Che non siano violente o generiche nel brandire i princìpi di riferimento (l’intransigenza ostentata è il contrario dell’accoglienza discreta), ma siano invece pazienti nell’incoraggiare il positivo, più che “condannare” il negativo.
A capire quali sono queste parole e i gesti conseguenti ci aiuterà Papa Francesco che il prossimo anno firmerà il documento postsinodale e che ora segue con presenza costante il dibattito dei confratelli vescovi, arricchito dalle testimonianza di alcune coppie di laici.
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